
di Maria Pia Terrosi
Cresce la produzione ittica da acquacoltura biologica in Europa: raggiunte le 50.000 tonnellate nel 2015, pari al 4,7% del totale prodotto in allevamento. Facendo il confronto con l’agricoltura si tratta di una quota di poco inferiore, visto che – nella UE28 – è coltivato secondo i principi bio il 6,2% del totale delle aree agricole.
A fotografare lo stato dell’acquacoltura organica in Europa è stata una recente ricerca condotta da EUFOMA – European Market Observatory for Fisheries and Aquacolture Products – che evidenzia la forte crescita registrata tra il 2012 e il 2015 da questo settore. In dettaglio: aumentata del 24% la produzione di salmone bio, raddoppiata quella della trota iridea e addirittura triplicata quella di spigole e orate, così come si sono raggiunti significativi incrementi per mitili e ostriche. In pratica segue i principi di allevamento in acquacoltura organica il 9% del totale della produzione europea di salmone, l’8% di quella delle carpe, il 4% dei mitili.
Tra i paesi più attivi nel settore l’Irlanda che copre il 44% della produzione organica ittica, a seguire l’Italia con il 17%, quindi Regno Unito e Francia, rispettivamente con il 7 e il 6%.
In termini economici però c’è ancora molta strada da fare. Se il prezzo di vendita di salmone bio riesce a coprire in media i costi extra legati ai principi dell’acquacoltura organica – e lo stesso accade per le trote – ci sono specie – per esempio la carpa – i cui costi di allevamento non sono compensati dal prezzo di vendita e hanno ancora necessità di sussidi. A generare costi aggiuntivi nella filiera bio non è solo il maggior costo dei mangimi utilizzati e le modalità di allevamento, ma anche una produzione limitata e pertanto una ridotta economia di scala anche su temi logistici e distributivi.
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