Appassionante come un film di spie: Le Monde svela i raggiri per affossare la ricerca sul glifosato

Una grande indagine giornalistica ricostruisce gli attacchi della Monsanto allo Iarc, il Centro di ricerca sul cancro. E altri media dimostrano che i pareri assolutori delle agenzie europe Efsa ed Echa sono – almeno in parte – influenzati direttamente dalle ricerche pagate dalla multinazionale. Ce n’è abbastanza per diffidare e chiedere alle istituzioni una maggiore indipendenza dai centri economici.

di Maria Pia Terrosi


Si chiamano Monsanto Papers. Sono una massa imponente di documentazione: 10 milioni di pagine provenienti dagli archivi della multinazionale statunitense che l’azienda è stata costretta a trasmettere alla giustizia americana. E costituiscono la base di un’indagine giornalistica condotta dal quotidiano francese Le Monde (in Italia è stata pubblicata dal settimanale Internazionale). Ne diamo conto in questo sito perché rappresentano un documento che, con buona probabilità, avrà un posto nella storia del ventunesimo secolo, così come i colpi bassi delle industrie del tabacco per ritardare la verità sui danni prodotti dal fumo hanno avuto un posto nella storia del ventesimo secolo. Tra l’altro, curiosamente, alcuni dei protagonisti di questa vicenda hanno lavorato per entrambe le lobby.

A distanza di poco più di mezzo secolo, la storia dunque si ripete. E questa volta lo scontro è ancora più violento perché, assieme al peso economico delle aziende transnazionali con bilanci superiori a quelli di molti Stati, è cresciuta anche la loro aggressività: ora non puntano solo a difendersi, vogliono screditare il più prestigioso centro internazionale di ricerca sul cancro (lo Iarc) e tagliarne i finanziamenti per bloccare il lavoro di indagine scientifica sugli effetti sanitari dei pesticidi.

Ma conviene andare per ordine perché la storia è complessa. Tutto inizia il 20 marzo 2015 quando l’International Agency for Research on Cancer (Iarc), organismo internazionale con sede a Lione, rende nota la Monografia 112. È lo studio da cui emerge che il glifosato, il diserbante più usato nel mondo, è genotossico (cioè può danneggiare il Dna), cancerogeno per gli animali, e probabilmente cancerogeno per gli esseri umani.

La Monsanto lo interpreta come un atto di guerra perché questa sostanza, oltre a essere presente nella composizione di più di 750 prodotti commerciali, è strategica per l’azienda che ha impostato buona parte del suo business sull’accoppiata tra i semi ogm e il Roundup (un diserbante a base di glifosato). Le piante transgeniche sono state progettate per resistere all’erbicida e il tandem va alla grande. Tra il 1974 e il 2014 le vendite complessive del glifosato nelle sue varie forme sono passate da 3.200 a 825 mila tonnellate.

Un successo formidabile dal punto di vista economico che potrebbe però trasformarsi in una catastrofe: se il glifosato venisse messo al bando, l’esistenza stessa della Monsanto potrebbe essere messa in discussione. Una prospettiva di fronte alla quale il gigante americano ha reagito con una violenza mai sperimentata da un gruppo industriale nei confronti di una prestigiosa istituzione scientifica, neppure ai tempi d’oro della lobby pro tabacco.

La Monsanto ha parlato di junk science, scienza spazzatura, di “dati limitati” e di una decisione presa dopo “qualche ora di discussione nel corso di una riunione di una settimana”. Un’interpretazione smentita dallo stesso Tom Sorahan, il docente dell’università inglese di Birmingham inviato dalla Monsanto come osservatore all’incontro (che è durato diversi giorni ed è stato preceduto da un anno di lavoro di un gruppo di esperti). “La riunione si è svolta rispettando le procedure dello Iarc”, scrive Sorahan in una lettera inviata a un dirigente Monsanto. “Il presidente del gruppo di lavoro, i copresidenti e gli esperti invitati alla riunione sono stati molto cordiali e disposti a rispondere a tutte le mie richieste di chiarimento”.

I commenti di fuoco della Monsanto non sono una reazione a caldo estemporanea, ma il primo atto di un crescendo ben pianificato. Con strumenti evidenti: “Nei mesi successivi alla pubblicazione della Monografia 112”, scrive Le Monde, “la Croplife International, l’organizzazione che difende a livello mondiale gli interessi dei produttori di pesticidi e sementi, contatta i rappresentanti di 25 Paesi riuniti nel consiglio direttivo dello Iarc per lamentarsi della qualità del lavoro svolto dall’agenzia. Il problema è che questi ‘stati partecipanti’ contribuiscono per circa il 70 per cento al bilancio dell’istituto”.

E con strumenti meno evidenti: in pochi mesi allo Iarc si sono presentati almeno 5 personaggi che si definiscono giornalisti, ricercatori indipendenti o assistenti di studi legali per cercare informazioni sulle procedure e sui finanziamenti dell’istituto. Uno di loro, Miguel Santos-Neves, lavora per una società di spionaggio economico con sede a New York, la Ergo, ed è stato incriminato negli Stati Uniti per aver usato un’identità falsa.

Con il passare del tempo l’attacco si allarga coinvolgendo uno dei più autorevoli istituti di ricerca italiani, il Ramazzini. A mettere nel mirino Iarc e Ramazzini sono l’Energy and Environmental Legal Institute e la Free Market Environmental Law Clinic. Due organizzazioni dirette da David Schnare, un negazionista climatico che a fine 2016 si è unito allo staff di Donald Trump (tra i dirigenti della Energy and Environmental Legal Institute figura anche Steve Milloy, noto esperto di marketing legato all’industria del tabacco). Dagli appunti trasmessi dagli studi legali coinvolti nelle inchieste risulta inoltre che la Monsanto ha utilizzato “persone in apparenza senza legami con la multinazionale per lasciare commenti sugli articoli online e sui post di Facebook favorevoli alla Monsanto, ai suoi prodotti chimici e agli ogm”.

Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca il fronte si rafforza. Nancy Beck, la direttrice dell’American Chemistry Council, la lobby dell’industria chimica di cui fa parte la Monsanto, si trova a capo dei servizi per la regolamentazione dei prodotti chimici e dei pesticidi dell’Epa, l’ente Usa che deve riesaminare il caso del glifosato. Mentre l’amministratore delegato della Dow Chemical, Andrew Liveris, viene nominato da Trump alla direzione del gruppo di esperti che consiglia il presidente sulle strategie nel settore manifatturiero.

È così che si arriva a un’interrogazione del deputato repubblicano Lamar Smith sui legami finanziari tra il National Institute of Environmental Health Sciences (Niehs) e il Ramazzini: una mossa che due giornalisti vicini all’industria chimica trasformano in “un’inchiesta del Congresso” su “un’oscura organizzazione”, cioè sul Collegium Ramazzini, l’accademia fondata nel 1982 da Irving Selikoff e Cesare Maltoni di cui fanno parte 180 scienziati. Gli attacchi proseguono in modo personalizzato, prendendo di mira gli esperti che difendono l’indipendenza della ricerca. Tra le persone finite nel mirino della lobby chimica c’è Chris Portier, uno scienziato con un curriculum di oltre 30 pagine e 200 pubblicazioni scientifiche che ha diretto i Niehs e il National Tocicology Program.

Forte di questo fuoco di sbarramento, la Monsanto esce allo scoperto: il vicepresidente Pilip Miller chiede all’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità di cui lo Iarc fa parte, una lettera in cui si afferma: “Ci pare di capire che lo Iarc abbia deliberatamente scelto di ignorare decine di studi e di valutazioni regolamentari, disponibili pubblicamente, secondo cui il glifosato non comporta rischi per la salute umana”. Questo è il punto: sotto accusa è il rigore scientifico dello Iarc che, scrive Le Monde, “fonda i suoi pareri su studi pubblicati su riviste scientifiche ed esclude le ricerche commissionate dalle aziende. Per questo si distingue dalla maggior parte delle agenzie, che accordano invece un’importanza decisiva agli studi realizzati e forniti dalle imprese per valutare i loro prodotti. È il caso dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa)”.

La campagna contro lo Iarc è rilanciata anche da una testata famosa come la Reuters che parla dell’istituto come di un’agenzia semi autonoma dell’Oms colpevole di creare “confusione tra i consumatori”. L’agenzia di stampa dà la parola a tre scienziati che criticano lo Iarc, senza mai dire che sono tutti e tre consulenti delle aziende coinvolte e cita il blog di David Zaruk, prolifico e disinibito ex lobbista dell’industria chimica che definisce Portier ”erbaccia”, “topo”, “demone”, “merda”. La Reuters non ha risposto alle richieste di chiarimento dei giornalisti di Le Monde.

Anche grazie al peso dell’agenza di stampa, le critiche allo Iarc dilagano. Ma, proprio negli Stati Uniti, la partita è stata riaperta da una serie di interventi legali dei parenti delle vittime di un linfoma non Hodgkin (Lnh), un raro tumore che colpisce i globuli bianchi ed è attribuito all’esposizione al glifosato. “Per loro la Monografia 112 dello Iarc è una prova fondamentale”, scrive Le Monde. “E per la Monsanto rischia di essere un elemento capace di influenzare le sentenze dei giudici. Secondo i documenti legali, i risarcimenti e gli interessi da versare negli Stati Uniti alle 800 persone che hanno denunciato la Monsanto potrebbero arrivare a un totale di diversi miliardi di dollari. Entro la fine del 2017, inoltre, queste denunce potrebbero diventare 2 mila, spiega Timothy Litzenburg, un avvocato dello studio Miller”.

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