Uno studio dell’istituto Fibl certifica che tutta la terra può essere convertita al biologico, riuscendo a dar da mangiare a una popolazione in crescita. Ma la produzione di mangimi per allevamento e gli sprechi alimentari andrebbero ridotti del 50%. Un tale sistema alimentare avrebbe un basso impatto ambientale, con minori emissioni di gas serra, e un minimo aumento delle superfici agricole
di Goffredo Galeazzi
L’agricoltura biologica, da sola, può sfamare il mondo e lo può fare in modo sostenibile. A condizione di aumentare l’estensione dei terreni coltivati, cambiando le diete con un minor consumo di prodotti animali e riducendo lo spreco alimentare. A dirlo non sono le organizzazioni del biologico, ma uno studio condotto da Adrian Muller dell’istituto internazionale di ricerca sul biologico Fibl in collaborazione con ricercatori della FAO e di due università europee (Vienna e Aberdeen), pubblicato su Nature Communications (qui il link allo
studio).
Secondo la ricerca apparsa il 14 ottobre, il futuro sostenibile si gioca in due possibili scenari. Il primo è bio al 100%, cioè una conversione totale: fattibile, ma a costo di un aumento che va dal 16 al 33% delle terre coltivate rispetto a
oggi. I vantaggi sarebbero innegabili: emissioni di gas serra enormemente ridotte, azzeramento della dispersione di pesticidi sui suoli, nell’acqua e nell’aria. L’altra strada per nutrire i 9 miliardi attesi di esseri umani senza devastare l’ambiente e la salute e senza aumentare l’estensione agricola attuale, è quella di limitare la conversione al biologico a due terzi delle attuali coltivazioni su scala mondiale, riducendo però la produzione di mangimi e gli sprechi alimentari del 50% rispetto a
oggi. In ognuno dei due casi – spiegano i ricercatori -avremmo così un sistema alimentare a basso impatto ambientale, con minori emissioni di gas serra e vantaggi consistenti per la salute in termini di risparmio di pesticidi,.
Uno dei problemi che affronta lo studio è capire se l’agricoltura biologica può essere adottata su larga scala e se può essere in grado di fornire cibo a un’ampia popolazione. Finora tuttavia non sono mai stati realizzati modelli in grado di incrociare i modelli globali di sviluppo della popolazione e del cibo con le caratteristiche dell’agricoltura biologica. I ricercatori svizzeri hanno realizzato una nuova simulazione al 2050 che tiene conto di diversi scenari climatici globali e delle proiezioni dell’ONU sull’aumento demografico, secondo cui la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere i nove miliardi di persone.
Nel caso di una conversione totale all’agricoltura biologica, il primo dato emerso è che l’estensione dei terreni da coltivare dovrebbe aumentare dal 16 fino al 33%. Senza cambiare l’estensione dei terreni sarebbe invece plausibile un modello con una conversione parziale delle colture, quantificabile in un 60%. In questo scenario, tuttavia, la domanda mondiale di cibo sarebbe soddisfatta solo dimezzando sia gli sprechi di cibo sia i terreni destinati alla produzione di mangime per animali (e quindi la produzione di carne), terreni che andrebbero convertiti alla coltivazione di vegetali per il consumo umano. E dovrebbero cambiare anche le abitudini alimentari della popolazione: in particolare, la percentuale media di proteine animali nel totale dell’introito proteico dovrebbe calare all’11% dal 38%.
Infine, il modello ha valutato anche l’impatto ambientale della conversione all’agricoltura biologica: l’effetto sarebbe globalmente molto positivo per tutti i parametri, tranne l’erosione dei suoli, che potrebbe aumentare del 10-20 per cento a causa dell’incremento delle aree coltivate.