di Goffredo Galeazzi
Anche l’Italia ha la sua Carta del carbonio organico, uno strumento voluto dalla FAO per la conservazione del suolo da cui dipende il 95% delle produzioni alimentari globali. Una decisione particolarmente importante perché un terzo del terreno risulta da moderatamente a molto degradato e per la formazione di 1 centimetro di suolo sono necessari anche 1.000 anni.
La Carta italiana si inserisce nel progetto più ampio della FAO Global Soil Partnership (Gsp) nel cui ambito è stata realizzata la Carta mondiale del carbonio organico del suolo presentata lo scorso 5 dicembre in occasione del World Soil Day. La Carta nazionale, strumento di lavoro fondamentale per la conservazione e pianificazione del suolo e per orientare i decisori politici verso una gestione sostenibile dell’agricoltura, è stata realizzata grazie al lavoro di un network volontario di istituzioni coordinato dal CREA, con il suo Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente.
La materia organica del terreno, con il carbonio come componente principale, è cruciale per la salute del suolo e la fertilità della terra, l’infiltrazione e la ritenzione dell’acqua e la produzione di cibo. Conservarla è essenziale sia per l’agricoltura sostenibile che per la mitigazione dei cambiamenti climatici.
I suoli del mondo agiscono infatti come una grande spugna di carbonio terrestre, riducendo i gas serra nell’atmosfera. Intensificare questo ruolo potrebbe compensare in modo significativo il rapido aumento del biossido di carbonio nell’atmosfera e infatti la conferenza sui cambiamenti climatici a Bonn (COP23) ha riconosciuto la necessità di migliorare il carbonio nel suolo, la salute del suolo e la fertilità del suolo.
La mappa globale del carbonio organico, che offre una “fotografia” dei primi 30 centimetri di terreno, rivela aree naturali con un alto deposito di carbonio nonché le regioni in cui esiste la possibilità di ulteriori sequestri. A livello globale questi 30 centimetri di suolo contengono circa 680 miliardi di tonnellate di carbonio, quasi il doppio della quantità presente nella nostra atmosfera e più di quello immagazzinato nell’intera vegetazione (560 miliardi di tonnellate).
Oltre il 60% dei 680 miliardi di tonnellate di carbonio è presente in dieci paesi (Russia, Canada, Stati Uniti, Cina, Brasile, Indonesia, Australia, Argentina, Kazakistan e Repubblica Democratica del Congo). Occorre quindi attuare azioni per proteggere questi terreni ricchi di carbonio naturale e per evitare emissioni nell’atmosfera.
E se è vero che il degrado di un terzo dei suoli del mondo ha già provocato un enorme rilascio di carbonio nell’atmosfera, è anche vero che il ripristino di questi suoli può rimuovere fino a 63 miliardi di tonnellate di carbonio, riducendo in modo significativo gli effetti del cambiamento climatico. I terreni ad alto contenuto di carbonio organico risultano più produttivi, più in grado di purificare l’acqua e più adatti a fornire alle piante condizioni di umidità ottimali. L’acqua immagazzinata nel suolo funge da fonte per il 90% della produzione agricola mondiale e rappresenta circa il 65% dell’acqua dolce.
“Poiché la fertilità – ha rilevato Anna Benedetti, ricercatore CREA del National Focal Point italiano GSP nel corso del seminario di presentazione che si è tenuto lo scorso 21 febbraio a Roma – è influenzata dal quantitativo di sostanza organica presente e dalla sua biodiversità, il nostro Paese sotto questo aspetto è a rischio. Mediamente, infatti, si stima che la sostanza organica contenuta nei suoli destinati all’agricoltura si aggiri intorno all’1,5%. Se non debitamente reintegrata, però, se ne perde potenzialmente ogni anno, oltre l’1%. In tal senso, poter disporre di una carta del carbonio organico del suolo è fondamentale per la pianificazione territoriale e per orientare i decisori politici verso una gestione sostenibile dell’agricoltura e del territorio”.
La carta, così come tutte le conoscenze sullo stato dei suoli in Italia, rappresenta inoltre una base importantissima in vista della PAC post-2020, sia per programmare in modo strategico gli interventi sul territorio sia per misurare opportunamente gli effetti delle pratiche mirate messe in campo dagli agricoltori. E non è un caso se la conservazione del suolo è diventata una priorità strategica dei PSR, perseguita grazie alla Misura 10 (Pagamenti agro-climatico-ambientali) che promuove la diffusione di buone prassi come l’agricoltura conservativa (rispettosa del suolo) e il No-tillage (semina su sodo senza alcuna lavorazione del suolo). Nel contesto UE, l’Italia è il Paese che ha maggiormente puntato su questo genere di sostegno. Secondo i dati evidenziati dalla Carta, occorrono interventi urgenti per salvaguardare la salute dei suoli e dell’agricoltura italiana, soprattutto al Sud: recupero di sostanza organica in aree di agricoltura intensiva, contrasto all’erosione in aree appenniniche, contrasto alla desertificazione e più in generale al degrado del terreno.
“Il suolo è una imprescindibile matrice identificativa del nostro made in Italy agroalimentare – ha affermato il presidente del Crea Salvatore Parlato, aprendo i lavori del seminario – e proprio per questo sarà uno dei 4 obiettivi strategici del nostro prossimo piano triennale di ricerca. Inoltre, stiamo pensando di avviare l’elaborazione di una mappa digitale che analizzi e documenti la qualità dei suoli italiani per poterla preservare al meglio”.