Quanto vale il lavoro degli insetti

“Preservare o incrementare gli habitat ecosistemici degli impollinatori è un investimento in termini di maggiore produzione agricola da cui dipende la nostra disponibilità di cibo”. Lo scrive il Rapporto sullo stato del Capitale naturale pubblicato dal Ministero dell’Ambiente

di Maria Pia Terrosi


Circa il 70% della produzione agricola utile alla nostra alimentazione dipende dagli insetti impollinatori, il 16% dei quali però – a livello mondiale – è stato classificato a serio rischio di estinzione ( in particolare è minacciato il 40% delle specie di api selvatiche e delle farfalle). Questi alcuni dei dati presentati dall’IPBES – Intergovernmental Platform for Biodiversity and Ecosystem Services: un panel di scienziati di 124 Paesi che studia la perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici a livello globale per conto della Convenzione internazionale sulla diversità biologica.

Per quanto riguarda l’Italia, alla quantificazione economica in agricoltura del servizio ecosistemico di impollinazione offerto dagli insetti è dedicato un intero capitolo del secondo Rapporto sullo stato del Capitale naturale pubblicato dal Ministero dell’Ambiente con l’obiettivo di misurare il valore fisico e monetario derivante dall’insieme di servizi ecosistemici che la natura ci fornisce e che spesso non percepiamo e valutiamo correttamente.

Secondo i dati presentati dal Rapporto, nel caso della produzione di mele, pere e pesche – su un valore totale di produzione nel 2012 di 473,48 milioni di euro – il valore economico imputabile al servizio di impollinazione offerto dagli insetti è pari a circa il 12%, ovvero 56,96 milioni di euro. Mele pere e pesche sono, infatti, produzioni fortemente dipendenti dal servizio di impollinazione offerto dagli insetti; a seguire il 40% di altri frutti e il 25% degli agrumi. In Italia è particolarmente ampia l’estensione delle aree con queste coltivazioni e quindi con un altissimo livello di dipendenza dal servizio di impollinazione. Lo stesso calcolo rapportato alle altre colture considerate indica che il contributo del servizio era pari al 4,5% nel 2012 a fronte del 5,2% del 2000.

Il rapporto ha misurato anche la parte di domanda non soddisfatta, ovvero la produzione agricola che non ha beneficiato del servizio d’impollinazione pur richiedendolo. Rendere più disponibile il servizio d’impollinazione in alcune aree e colture serve sia per aumentarne la produttività, sia per ridurre il ricorso ad alcune pratiche agricole potenzialmente non sostenibili (uso di fertilizzanti chimici).  L’indicazione che emerge chiaramente dal Rapporto è che “preservare o incrementare gli habitat ecosistemici degli impollinatori (che sono in diminuzione) è quindi un investimento in termini di maggiore produzione agricola da cui dipende in ultima istanza la nostra disponibilità di cibo”.

 

 

 

 

 

 

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