di Jandira Moreno
Paradossalmente è per questo stesso motivo che la Corte Federale Suprema ora ha bloccato l’ingiunzione: rovesciando il punto di vista cautelativo della corte di Brasilia, ha ritenuto che in assenza di certezza di pericolosità questi composti chimici non possano essere vietati. Con buona pace del principio di precauzione.
Un sospiro di sollievo si deve essere levato certamente da tutti i produttori di soia che fanno uso massiccio di glifosato e che utilizzano sementi modificate appositamente per essere irrorate da questa sostanza. Per non parlare poi di Blairo Maggi, ministro dell’Agricoltura nonché proprietario del gruppo Amaggi, il maggior produttore di soia al mondo. E che a sentenza emessa aveva dichiarato che sospendere il glifosato avrebbe rappresentato un passo indietro enorme per l’ambiente.
Ma che alla salute dei campi e della popolazione il glifosato e i suoi derivati creino danni gravissimi lo dimostrano le oltre 4mila cause legali negli Usa contro la Monsanto. Infatti migliaia di persone affermano che l’esposizione a questo erbicida abbia causato lo sviluppo di linfomi non-Hodgkin. Dewayne Johnson, giardiniere di 46 anni malato dal 2014, è stato risarcito con 289 milioni dopo un verdetto di condanna a sfavore della Monsanto.
E il crollo della vendita del glifosato in Germania non depone certo a favore dell’indispensabilità dell’erbicida. In 4 anni le vendite di glifosato sono scese dalle quasi 6.000 tonnellate del 2012 alle 3.800 tonnellate del 2016. E ora Berlino vorrebbe bandire completamente l’impiego di questo erbicida.
Per l’esito del riesame di una sostanza che in Brasile si usa da ben 40 anni bisognerà aspettare invece aspettare la fine dell’anno. E nel frattempo contro i giudici di Brasilia sono già piovute migliaia di accuse.