insetti campo di mais

Così combattiamo l’attacco degli insetti che cresce con il climate change

L’entomologo e scrittore Gianumberto Accinelli commenta uno studio USA che misura l’aumento di rischio determinato dal cambiamento climatico: “La monocoltura del mais è il paradiso per la piralide. La lotta biologica cerca di ricostruire il paradiso per gli insetti utili. L’agroecologia ci aiuterà

di Maria Pia Terrosi


Oggi tra il 5 e il 20% dei raccolti di cereali va perso a causa degli insetti, e in futuro le cose potrebbero andare molto peggio, visto che i danni potrebbero raddoppiare per colpa del riscaldamento climatico. Secondo lo studio “Increase in croplosses to insect pests in a warming climate” guidato da Curtis A. Deutsch dell’Università di Washington a Seattle e pubblicato di recente su Science, l’incremento della temperatura terrestre farà diminuire le rese di frumento, riso e mais poiché cresceranno le popolazioni degli  insetti che si cibano di queste piante. I modelli elaborati dagli studiosi hanno evidenziato che, per ogni grado Celsius di aumento delle temperature medie, l’incremento delle perdite dovute agli insetti varierà fra il 10 e il 25%. Le  rese di frumento, riso e mais –  i 3 cereali che insieme costituiscono la base dell’alimentazione per circa 4 miliardi di persone secondo la FAO,  rappresentando il 42,5% dell’apporto calorico umano e il 37% di quello proteico – sarebbe più marcato nelle regioni temperate, in quanto si tratta di  aree che oggi non si trovano ancora alle temperature ottimali per gli insetti. Ne abbiamo parlato con Gianumberto Accinelli, entomologo e scrittore, laureato in agraria e con un dottorato di ricerca sulla lotta biologica.

Secondo lo studio Usa le perdite nelle rese di questi cereali potrebbero raddoppiare in< Europa e in Italia registrare un +40%. Come funziona il legame tra l’aumento della temperatura terrestre, la crescita degli insetti e la perdita di produttività?

“Cominciamo con il dire che gli insetti non sono in grado di regolare la loro temperatura interna e quindi il loro metabolismo dipende soprattutto dalla temperatura esterna: più aumenta questa  temperatura esterna, più  il loro metabolismo è attivo, cioè  mangiano di più, si riproducono di più e le loro popolazioni crescono più rapidamente. Il che vuol dire che consumeranno maggiori quantità di cibo. Gli insetti sono organismi antichi, presenti sul pianeta da molto prima di noi mammiferi: riescono a mangiare tutto di una pianta, non solo le foglie come gli erbivori, ma anche il polline, il nettare, i fiori, la linfa. Addirittura il legno che è la biomolecola meno digeribile. Fortunatamente la maggior parte degli insetti non si nutre di piante agrarie, ma costituiscono comunque il problema principale dell’agricoltura , fin dagli albori. Del resto basti pensare alle cavallette”.

Se questo è lo scenario che abbiamo di fronte è evidente che la soluzione non può essere avvelenare ancor più raccolti e terreni con dosi massicce di pesticidi per sterminare gli insetti…

“Chi dice che i pesticidi siano la soluzione mente sapendo di mentire. E’ chiaro che bisogna contrastare questa  orda di insetti, ma per farlo ci sono molti sistemi, molto meno dannosi e che funzionano benissimo. Barry Commoner, tanti anni fa, nel suo libro Il Cerchio da chiudereevidenziò che anche l’agricoltura in qualche modo interrompe  il cerchio naturale: ecco, bisogna capire come richiuderlo. Un metodo per richiuderlo è ricorrere all’agroecologia, una branca dell’ecologia applicata che progetta l’azienda agricola e il territorio agrario rendendolo autoimmune, promuovendo quelle pratiche che lo rendono un sistema più forte. E un  terreno forte è in grado anche di auto-contrastare le popolazioni troppo abbondanti di insetti”.

Per esempio?

“Bisogna studiare le relazioni presenti all’interno di un sistema agrario: favorire quelle benefiche per le coltivazioni e sfavorire quelle che le danneggiano. Ma bisogna anche ricordarsi che non c’è mai un’unica soluzione, occorre mettere in campo varie opzioni. Per esempio la lotta biologica. Pensiamo all’agricoltura intensiva, alla monocoltura che può diventare un vero paradiso per certi insetti.  La monocoltura del mais è il paradiso per la piralide del mais, un vero banchetto di nozze per questo lepidottero. E al tempo stesso, così come è concepita,  la coltivazione intensiva di mais è un inferno per i nemici della piralide. La lotta biologica  cerca di ricostruire il paradiso anche per questi insetti utili. Si studiano quali piante mangiano questi insetti utili e poi si coltivano  intorno al mais”.

Ma esistono vie d’uscita praticabili?

“Certo!  Da anni ci sono tante soluzioni –  ormai concrete e disponibili  – per ridurre il numero di insetti dannosi senza danneggiare l’ambiente: l’utilizzo degli insetti utili appunto, l’uso dei ferormoni e di preparati naturali, non basati sulla chimica di sintesi.  L’agricoltura biologica è un’agricoltura dove si utilizzano meno inquinanti e più conoscenza. Ma serve maggiore conoscenza ed educazione anche da parte dei consumatori che devono capire che un frutto, una mela, è un prodotto della natura e come tale imperfetto. La mela perfetta di Biancaneve, dolcissima anche per gli insetti, non si protegge da sola, va protetta con i pesticidi. Mentre una mela più aspra, con più tannino: in un certo senso si protegge da sola e servono meno sostanze chimiche.

Quindi?

I consumatori poi devono tornare a diversificare la loro dieta. Oggi tra i cereali mangiamo soprattutto grano che ha un’alta produttività: il miglio – che era uno dei principali cereali utilizzato dai Romani – invece non si usa più. Ma diversificare fa bene all’agricoltura per quello che dicevamo prima e fa bene alla nostra salute. In alcuni casi dobbiamo reimparare a convivere con gli insetti in maniera meno conflittuale”.

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