di Maria Pia Terrosi
Lo studio ha analizzato le acque di 29 fiumi e canali di irrigazione in 10 Paesi europei. Le regione di Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Polonia, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna sono quelle con maggiore presenza di allevamenti intensivi. I risultati hanno mostrato ovunque acque fortemente contaminate dalla presenza di medicinali ad uso veterinario, di antibiotici, di nutrienti, e di pesticidi.
Infatti, in 23 campioni su 29 analizzati sono stati trovati farmaci ad uso veterinario: 21 diversi farmaci, 17 antimicrobici di cui 12 antibiotici. La sulfametossipiridazina e la sulfachinossalina, per esempio – due antibiotici ad uso esclusivo veterinario – sono stati trovati in 14 dei 29 campioni (48%). Mentre in un singolo campione, in provincia di Brescia, 11 diversi farmaci veterinari, 7 dei quali antibiotici erano presenti nelle acque.
Attualmente 2.000 diversi farmaci veterinari sono disponibili sul mercato. Molti dei quali sono scarsamente assorbiti dagli animali e quindi in un’alta percentuale – tra il 30 e il 90% – finiscono nell’ambiente. Purtroppo, l’uso eccessivo e scorretto di antibiotici, sia nei trattamenti umani che in quelli veterinari, fornisce ai batteri maggiori possibilità di diventare resistenti. Il che potrebbe determinare in futuro l’inefficacia di alcuni antibiotici nel trattamento di determinate infezioni nell’uomo.
Altrettanto preoccupante il dato che emerge dalla ricerca relativa ai pesticidi: trovati in tutti i 29 campioni, 104 diversi pesticidi in totale di cui 28 vietati nella Ue. Il numero più elevato di residui trovati in un singolo campione è stato 70 nel canale di Wulfdambeek, in Belgio. Dieci campioni provenienti da sette Paesi contenevano livelli di concentrazione per singolo pesticida potenzialmente dannosi per gli organismi acquatici. Imidacloprid e clothianidin sono le sostanze – parzialmente vietate nella Ue a causa della minaccia che comportano per gli insetti impollinatori -più frequentemente trovate al di sopra delle concentrazioni accettabili.
In Italia i campioni di acque (tre di cui due da canali) sono stati prelevati in Lombardia – regione che ospita oltre la metà della popolazione nazionale di suini. Questi campioni contenevano complessivamente 12 differenti farmaci ad uso veterinario. I due campioni prelevati dai canali contenevano rispettivamente 3 e 6 diversi farmaci. Nel campione raccolto nella Roggia Savarona (BS) presenti 11 diversi tipi farmaci, 7 dei quali antibiotici: il numero più alto trovato in un singolo campione.
Da 17 a 23 pesticidi rinvenuti in ogni campione italiano, complessivamente 30 diverse sostanze 9 delle quali non più autorizzate nella Ue. Tutti e 3 i campioni contenevano concentrazioni di nitrati al di sopra del livello scientificamente consigliato per assicurare la protezione degli invertebrati acquatici, dei pesci e anfibi più sensibili. Nelle acque della Roggia Savarona la concentrazione di nitrati ha raggiunto il 66% del valore limite Ue.
E’ evidente che questi livelli di inquinamento generano dei costi nascosti in termini di impatti ambientali, di perdita di biodiversità e danni alla salute. Il che dovrebbe indurre a ripensare un tale modello di produzione intensiva insostenibile.
Secondo i dati Eurostat, ogni anno in Europa si producono circa 47 milioni di tonnellate di carne, circa 1,8 kg alla settimana per ogni abitante. A questi si aggiungono annualmente oltre 150 tonnellate di latte vaccino, pari circa 6 litri a testa alla settimana. Numeri compatibili solo con un allevamento su scala industriale. Un sistema che ha bisogno di grandi quantità di mangime, acqua e farmaci da somministrare agli animali (2/3 di tutti gli antibiotici venduti in Europa sono destinati all’uso veterinario). E di estese aree agricole per produrre mangimi come mais e orzo, coltivati ricorrendo a grandi quantità di pesticidi e fertilizzanti sintetici.