In Italia manca ancora una legge sul consumo del suolo. Nel 2017 secondo l’Ispra sono stati ricoperti altri 52 km quadrati di territorio, soprattutto al Nord, anche in aree protette o a rischio idrogeologico. Ma a minacciare il pianeta non sono solamente cemento e asfalto. Contribuisce anche l’inquinamento, con i rifiuti solidi e le sostanze chimiche. E proprio all’inquinamento è dedicata quest’anno la Giornata Mondiale del Suolo (World Soil Day), istituita nel 2014 dall’agenzia alimentare dell’Onu, la Fao, per il 5 dicembre. L’hashtag è #StopSoilPollution.
Se l’inquinamento “può essere invisibile e sembra lontano”, tuttavia “tutti quanti e tutti i luoghi sono colpiti”, si legge sul sito della Fao. Con una popolazione mondiale che nel 2050 raggiungerà i 9 miliardi, l’inquinamento del suolo è un problema globale che degrada i terreni, avvelena il cibo, l’acqua e l’aria. “L’entità del problema è ancora sconosciuta, e non ci sono dati certi disponibili su scala mondiale”.
Martedì, alla vigilia della Giornata del suolo, è stato presentato Soil4Life, un progetto europeo che coinvolge partner di Italia, Francia e Croazia, nato con l’obiettivo di promuovere l’uso sostenibile ed efficiente del suolo e delle sue risorse in Italia e in Europa. Ne fanno parte Legambiente, Ispra, Cia Agricoltori Italiani, CCIVS, Crea, Ersaf, Politecnico di Milano, Comune di Roma e Zelena Istria.
Il progetto Soil4Life parte dalla consapevolezza dell’importanza del suolo nell’adattamento ai cambiamenti climatici, una minaccia seria per la sicurezza alimentare e promuove alcune scelte indispensabili per invertire la direzione nel rapporto uomo-terra. I promotori del progetto portano a sostegno delle loro tesi alcuni esempi. Nei suoli del pianeta sono stoccati 1.550 miliardi di tonnellate di carbonio, una quantità pari a ben 6 volte l’aumento della CO2 atmosferica dall’epoca preindustriale ad oggi. Questo significa che uno squilibrio a livello globale della biochimica del suolo è in grado di moltiplicare gli effetti negativi del cambiamento climatico. Ma anche che, al contrario, una buona gestione di coltivazioni, pascoli e foreste può dare un formidabile contributo allo sforzo globale di riduzione delle emissioni climalteranti.
Per l’Italia, due sono le emergenze da affrontare: mettere un freno al consumo indiscriminato di suolo e sviluppare una efficace politica agricola.
L’aumento della produzione alimentare degli ultimi decenni è avvenuto grazie alle nuove tecnologie a danno però del terreno e dell’ambiente. Secondo la Fao, il 33% del suolo mondiale oggi è altamente degradato. Le moderne coltivazioni intensive hanno impoverito il suolo, pregiudicando la possibilità di mantenere in futuro la stessa capacità produttiva. Un approccio sostenibile è possibile, per esempio, dicono i promotori del progetto europeo, se si coltiva biologico e si aumenta la quantità di materia organica. Senza ricorrere a prodotti chimici. Ma anche se si seguono i principi base dell’agricoltura conservativa, a partire dalla rotazione delle colture. La Fao ha stimato che una gestione sostenibile dei suoli potrebbe aumentare la produzione di cibo fino al 58%.
Per queste ragioni, i promotori rivolgono un appello ai ministri dell’agricoltura Centinaio e dell’Ambiente Costa perché si impegnino a investire i fondi destinati all’Italia dalla nuova PAC in iniziative centrate sul recupero di fertilità dei suoli mediterranei, anche in chiave di politiche di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, oltre che di produzione di materie prime.
Sul fronte della riduzione del suolo libero, il fenomeno purtroppo non accenna ad arrestarsi. Lo confermano gli ultimi dati di Ispra, che attestano il consumo di suolo nel 2017 su una media di 15 ettari al giorno. Ovvero 54 km quadrati all’anno. Dagli anni 50 al 2017 la copertura artificiale del suolo è passata dal 2,7% al 7,65% (+180%), intaccando ormai 23.063 chilometri quadrati del nostro territorio.