Una vittoria per i cittadini europei preoccupati dagli effetti nocivi provocati dal glifosato. Il Tribunale Ue ha annullato le decisioni dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che negano l’accesso agli studi di tossicità e di cancerogenicità della sostanza attiva glifosato. Questo perché “l’interesse del pubblico ad accedere alle informazioni sulle emissioni nell’ambiente è non solo quello di sapere che cosa è, o prevedibilmente sarà, rilasciato nell’ambiente, ma anche quello di comprendere il modo in cui l’ambiente rischia di essere danneggiato dalle emissioni in questione”.
“E’ di grandissima importanza la decisione del Tribunale Ue di dare libero accesso agli studi di tossicità e di cancerogenicità del glifosato”, commenta Maria Grazia Mammuccini, portavoce della Coalizione Stop Glifosato, (che raccoglie 51 associazioni ambientaliste, della società civile e dell’agricoltura biologica) e responsabile della campagna Cambia la terra.
Questa sentenza “riconosce, finalmente, che a prevalere è proprio l’interesse della salute dei cittadini e dell’ambiente su quello dei fatturati delle aziende multinazionali che producono l’erbicida più utilizzato al mondo”. Per Mammuccini, si tratta di “una vittoria dei cittadini che avevano chiesto alla Commissione con un’Ice di vietare gli erbicidi a base di glifosato in tutti gli Stati membri”.
L’Efsa, l’agenzia europea sulla sicurezza alimentare, aveva negato ad alcuni richiedenti, tra cui alcuni eurodeputati dei Verdi, l’accesso agli studi sulla tossicità e cancerogenicità del glifosato, un erbicida ad ampio spettro che è il principio attivo del Roundup, un prodotto della Monsanto, gruppo chimico Usa recentemente acquisito da Bayer (ma la molecola è la base di moltissimi altri prodotti, anche di altre aziende).
L’Efsa ha negato l’accesso agli studi perché, tra l’altro, a suo parere “la divulgazione di tali informazioni potrebbe arrecare serio pregiudizio agli interessi commerciali e finanziari delle imprese che hanno presentato i rapporti di studi”.
Secondo l’Efsa, inoltre, “non esisteva alcun interesse pubblico prevalente alla divulgazione; non esisteva alcun interesse pubblico prevalente alla divulgazione delle parti degli studi alle quali i ricorrenti chiedevano accesso, dato che tali parti non costituivano informazioni riguardanti emissioni nell’ambiente ai sensi del regolamento di Aarhus”. Per l’Efsa l’accesso a quelle parti degli studi non era “necessario per verificare la valutazione scientifica dei rischi realizzata conformemente al regolamento relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari”. I ricorrenti si sono rivolti quindi al Tribunale dell’Unione Europea per chiedere l’annullamento delle decisioni di rigetto, e i giudici hanno dato loro ragione perché va tutelato il diritto dei cittadini a sapere se e in che modo “l’ambiente rischia di essere danneggiato dalle emissioni in questione”.