L’Austria diviene ufficialmente il primo Stato europeo a vietare qualsiasi uso del glifosato. Lo avevamo già anticipato il mese scorso, parlando della proposta di alcuni gruppi parlamentari del Nationalrat austriaco di mettere al bando il glifosato a partire dal 2020. Ora il divieto del pesticida è passato, grazie al supporto del gruppo dei socialisti (che per primi lo avevano proposto) e della destra del Partito della libertà. La palla passa ora alla Commissione europea, che ha tempo tre mesi per approvare o respingere la decisione.
Un passo avanti importante, dovuto anche alla fase di transizione austriaca in vista delle elezioni anticipate di settembre, che ha permesso la creazione di maggioranze variabili. E così, nella seduta che precede la pausa estiva, lo stop è stato certificato con una “alleanza” tra socialisti e destra.
Esprime soddisfazione Norbert Hofer, il leader del Partito della libertà, che si era schierato in favore del divieto totale aprendo a un possibile accordo parlamentare e andando incontro allo scontro interno tra i partiti dell’attuale governo, primo tra tutti il Partito popolare austriaco.
E altre reazioni non tardano ad arrivare. Come quella della cancelliera austriaca Brigitte Bierlein, che esprime soddisfazione ed evidenzia la vivacità della democrazia austriaca anche in una fase di transizione. Greenpeace parla di “successo storico”, mentre dalla vicina Germania arriva la dura presa di posizione del gruppo Bayer, che nel 2018 ha acquisito Monsanto, azienda produttrice di RoundUp, a base di glifosato. Secondo la multinazionale “la decisione del Parlamento austriaco contraddice numerose ricerche scientifiche”.
La situazione è fluida perché l’Unione europea ha autorizzato l’uso di pesticidi contenenti glifosato fino al 2022, ma invitando i Paesi membri a fornire report scientifici per riaprire il dibattito sulla scadenza della concessione. E mentre si attendono le posizioni ufficiali di tutti gli Stati membri, la Francia ha annunciato lo stop al glifosato entro il 2021. L’Austria ora prova ad anticipare i tempi.
C’è da sperare che l’esempio austriaco possa disegnare un possibile percorso anche per il Parlamento europeo appena insediato.