La crisi climatica provocherà una catastrofe nei campi europei. O meglio: la catastrofe sarà soprattutto nell’Europa del sud. Da qui a 30 anni, secondo quanto afferma l’agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) nel rapporto “Climate change adaptation in agricultural sector in Europe”, a fare i conti con il caldo estremo, gli eventi meteo inattesi, le piogge torrenziali sarà in primo luogo la nostra agricoltura assieme a quella di Spagna, Grecia e Francia meridionale e degli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Qui, le coltivazioni non irrigue, a cominciare da quella del grano, saranno dimezzate al 2050. E alla fine del secolo possiamo aspettarci un calo di produzione, e quindi di rendimento economico per gli agricoltori, dell’80%. Una disastro che promette appunto di avere i suoi effetti maggiori su una parte dell’Europa – la nostra – piuttosto che non su quella centrale e settentrionale, dove anzi l’agricoltura potrebbe anche svilupparsi maggiormente grazie “alla più lunga stagione vegetativa e alle migliori condizioni di raccolto”
In futuro – si legge sul Rapporto dell’agenzia europea per l’ambiente – il valore economico dell’agricoltura europea può cambiare in maniera significativa, “specialmente nel sud Europa e specialmente nel Mediterraneo”. Ma comunque, l’impatto complessivo della crisi climatica sull’agricoltura del continente sarà comunque superiore al 16% di perdite sul reddito agricolo, con grandi variazioni regionali. Non si tratta di noccioline. L’agricoltura copre il 40% della superficie europea e impiega 22 milioni di persone, che diventano 44 calcolando anche gli occupati nell’industria agroalimentare. E – come abbiamo visto – a farne maggiormente le spese sarà il sud del continente.
L’agricoltura produce il 10% dei gas a effetto serra. Per quello che riguarda il metano, uno dei gas più nocivi per la stabilità del clima, ben il 38% deriva dagli allevamenti. “Per arrivare all’obiettivo europeo di emissioni zero al 2050 un aumento del sequestro di carbonio sarà necessario nei settori agricoli e forestali. Così come un cambiamento nei consumi e nella dieta (per quanto riguarda carne, latte e uova) può aiutare a ridurre ulteriormente le emissioni dalla produzione agricola”, ricordano all’Agenzia europea.
Servono azioni di adattamento al cambiamento climatico. La nuova proposta di politica agricola comune (Pac), secondo l’EEA, “ha l’adattamento tra i suoi maggiori obiettivi, il che può agevolare gli Stati membri a sviluppare politiche di finanziamento in questo settore” e misure concrete per abbattere gli impatti e i rischi degli eventi estremi. Ma ci sono anche opportunità per sviluppare varie misure nelle aziende agricole per “migliorare la gestione di suoli e dell’acqua, che possono andare verso l’adattamento, la mitigazione, l’ambiente e l’economia. Naturalmente – commentano i ricercatori EEA – l’adattamento a livello aziendale in molti casi non viene avviato a causa della mancanza di risorse da investire, di iniziative politiche e di capacità istituzionali, oltre che di conoscenze”.
“L’impatto dei cambiamenti climatici si sta già facendo sentire sui nostri campi: estati caldissime o, al contrario, troppo piovose stanno mettendo a serio rischio le colture mediterranee”, commentano le associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica della campagna Cambia la Terra. “Come abbiamo già sottolineato nel Rapporto 2018 LINK , occorre che le politiche agricole nazionali ed europee smettano di premiare chi inquina, chi abusa di pesticidi dannosi per la fertilità dei suoli e la salute umana e incentivino le pratiche agricole rispettose del Pianeta”.
Il biologico si prepara, con la due giorni della “Rivoluzione bio”, la Fiera SANA e la Festa del Bio che avranno luogo a Bologna a partire da domani, a raccontare come un’altra agricoltura e quindi un altro consumo e un altro stile di vita siano possibili e auspicabili. “Non ci sono altre alternative: l’impatto dei cambiamenti climatici si sta facendo sentire in tutto il continente e ha già creato perdite economiche consistenti che i pasdaran della chimica non vogliono vedere. Il tasso d’assorbimento della CO2 dei suoli nell’agricoltura convenzionale è pari all’1%, in quelli bio sale al 3,5%. L’agricoltura biologica, inoltre, aumenta la sostanza organica nei suoli, e già questo li mette in condizione di assorbire grandi quantità di CO2, trattenere l’acqua e renderla disponibile assieme agli alimenti nutritivi anche in caso di carenza di piogge. Le stesse pratiche agroecologiche escludono il ricorso a sostanze di sintesi che vengono prodotte con ampio consumo di combustibili fossili. Inoltre – aggiungono da Cambia la Terra – l’agricoltura biologica richiede la copertura vegetale permanente dei suoli, la presenza di siepi, zone naturali nei campi che non solo facilitano il mantenimento della biodiversità ma anche la creazione di microclimi più favorevoli. Tutte forme di adattamento al clima che cambia. Per finire, il bio utilizza il più possibile cultivar agricoli adattati ai climi locali: la nostra agricoltura tradizionale, soprattutto nel meridione, è fatta di specie e di sementi già in grado di affrontare periodi di siccità e grande calore”