“Ridurre significativamente i pesticidi di sintesi entro 10 anni”. Non è la proposta di un’associazione ambientalista o l’appello di un gruppo di cittadini preoccupati da un’alta concentrazione di sostanze pericolose. Questa volta è l’Europa a muoversi. Il Green New Deal verde su cui Ursula von der Leyen sta improntando il suo mandato di presidente della Commissione europea, è caratterizzato da alcuni punti centrali. E la riduzione dell’impatto della chimica di sintesi in agricoltura è uno di questi, assieme al rilancio degli investimenti ambientali e alla decarbonizzazione dell’economia.
Anzi a ben guardare, possiamo dire che i vari punti espressi nell’agenda del cambiamento green su cui l’Europa gioca una partita determinante sono talmente intrecciati da rendere difficile separarli. Ma mentre il legame tra maggiore efficienza energetica, rilancio delle fonti rinnovabili, mobilità dolce ed edifici a consumi energetici tendenti a zero è immediatamente chiaro, il mondo agricolo è rimasto a lungo a margine della partita climatica e della questione ambientale.
L’agricoltura ha sofferto di una distorsione della percezione che l’ha penalizzata. Da una parte veniva vista come un elemento marginale all’interno della questione ambientale e climatica, dall’altra come un settore poco trainante dal punto di vista del rilancio economico di cui c’è un disperato bisogno.
La posizione che la nuova Commissione sta facendo finalmente emergere restituisce ora all’agricoltura il ruolo che le compete. Sia dal punto di vista degli onori che da quello degli oneri. Il ruolo del settore primario torna al centro della scena perché è responsabile (coltivazione dei campi, allevamento, uso del suolo) di circa un quarto delle emissioni serra che stanno alterando il clima. E perché l’uso intensivo della chimica di sintesi sta causando danni strutturali e non più eludibili agli ecosistemi: i 12 milioni di ettari di suolo fertile persi ogni anno, la drammatica spinta all’accelerazione del collasso della biodiversità, l’inquinamento delle falde idriche superficiali e di profondità sono problemi che hanno riflessi drammatici non solo sull’ambiente ma sulla salute.
Ma la scommessa su un’agricoltura rispettosa degli equilibri ambientali può aiutare a rilanciare l’occupazione, soprattutto in un Paese come l’Italia che si caratterizza per una grande capacità di produzione biologica e di alimenti legati al territorio. Questa è un’Europa che può far rinascere la speranza.
“Esprimiamo grande soddisfazione per la nuova strategia di crescita verde per l’Europa presentata al Parlamento Eu da Ursula von der Leyen”, ha dichiarato Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio sottolineando che il rilancio dell’agricoltura biologica è tra le 50 proposte della roadmap europea. “Il Green Deal europeo è un vero e proprio cambio di paradigma e tra le proposte l’approccio agroecologico e la transizione verso l’agricoltura biologica per favorire la biodiversità e il contrasto al cambiamento climatico rappresentano alcuni dei punti fondamentali. Inoltre, c’è una chiara indicazione affinché i piani strategici nazionali della Politica Agricola Comunitaria (Pac) riflettano pienamente l’ambizione del Green Deal e siano indirizzati a ridurre significativamente l’utilizzo dei pesticidi e dei fertilizzanti chimici nonché l’uso di antibiotici e a premiare gli agricoltori per il miglioramento delle prestazioni ambientali e climatiche. Auspichiamo che le direttive europee siano propulsive per una veloce approvazione al Senato della proposta di legge sull’agricoltura biologica, già approvata a grande maggioranza alla Camera”.