Dove prima dovevano esserci case, oggi ci sono vigneti. Succede a Susegana, in provincia di Treviso nel cuore del prosecco-shire, dove i filari di vite sono arrivati fino al centro della cittadina. A favorire questa invasione l’introduzione da parte del Comune – il problema non riguarda solo Susegana ma anche altre amministrazioni in Italia – delle varianti verdi. Una scelta in linea di massima condivisibile, quella di aumentare la dote di verde urbano. Ma c’è verde e verde. In pratica molte aree prima indicate come edificabili nei piani regolatori sono state invece riclassificate come agricole e colonizzate da coltivazioni intensive ad alto impatto ambientale che spostano il rischio pesticidi sulla porta di casa.
Questa invasione dei vigneti e i problemi che pone nel rapporto con l’abitato sono i temi al centro del video “Vigneti dentro i centri abitati – Il caso Susegana” realizzato dal Comitato Marcia Stop Pesticidi e proiettato proprio a Susegana.
Oggi il Comune di Susegana è al quarto posto nell’area docg del prosecco per superficie di vigneti impiantati: 925 ettari (dati regionali aggiornati al 2012). E al primo posto in termini di nuovi impianti: 157 ettari dal 2007 al 2012 sono stati convertiti a vigneto. I filari hanno preso il posto di superfici coltivate a seminativo (scomparsi 96 ettari nel quinquennio) o di prati o pascoli che hanno ceduto 60 ettari.
È evidente che coltivare vigneti all’interno delle aree urbane provoca molti problemi. Prima di tutto collegati all’uso di pesticidi e della chimica di sintesi in contesti urbani. Ma anche impatti legati all’uso e alle modificazioni geomorfologiche subite dal territorio.
“Susegana è un caso emblematico ma non è certo il solo in Italia”, ha affermato Matteo Basso, ricercatore dell’Università Iuav di Venezia. “È un tema che chi si occupa di pianificazione del territorio deve affrontare cambiando del tutto la prospettiva. Finora quando si parlava di consumo del suolo si pensava alla realizzazione di infrastrutture, lottizzazioni che sottraggono spazio all’agricoltura. Qui è diverso: c’è un’agricoltura intensiva e aggressiva trainata da dinamiche di mercato che ruba terreno alla città. Questo impone una riflessione complessiva che riguarda non solo i pesticidi ma complessivamente il rapporto con la città, su quali coltivazioni si possono utilizzare e su come armonizzare gli spazi di margine”.