In un recente rapporto il Wwf ha definito molte malattie emergenti – tra cui Ebola, Aids, Sars, e Covid 19 – come l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi. Alla stessa conclusione è arrivata una recente ricerca condotta da Matthias Liess e dai suoi colleghi dell’ Helmholtz Centre for Environmental Research – Ufz che ha individuato una relazione tra impiego di pesticidi e la schistosomiasi. Si traatta di una malattia tropicale causata da parassiti molto diffusa in Africa, Sud America e alcune zone dell’Asia.
Una malattia poco conosciuta ma che, secondo i dati dell’Oms, è presente nel mondo in 200/300 milioni di persone e ogni anno ne uccide circa 10.000. Senza considerare gli effetti che genera a livello socio economico visto che chi è colpito da schistosomiasi – soprattutto pescatori – non è comunque in grado di svolgere le attività quotidiane o di lavorare e ha un’aspettativa di vita ridotta.
La schistosomiasi o febbre di lumaca è una malattia causata da vermi piatti parassiti (trematodi) del genere Schistosoma. Questi parassiti prima si insediano nelle lumache d’acqua dolce che svolgono un ruolo vitale nel loro ciclo di vita. E poi riescono a infettare gli uomini semplicemente attraverso il contatto con la pelle.
E qui entrano in campo i pesticidi che alterando profondamente gli equilibri tra le specie, di fatto favoriscono la diffusione di questa infezione. Gli studiosi dell’Ufz monitorando 48 siti di acqua dolce in Kenia (laghi, stagni, fiumi) fortemente inquinati da pesticidi hanno rilevato che le lumache acquatiche risultano essere resistenti ai neonicotinoidi e gli organofosfati. In pratica nelle acque caratterizzate dalla presenza di pesticidi la popolazione delle lumache risultava rafforzata. Al contrario di quella dei suoi predatori naturali, ad esempio i pesci che erano sterminati dalle sostanze chimiche. Risultato: molte più lumache e molti più vermi piatti e quindi maggior rischio per i pescatori di contrarre l’infezione.
Inoltre, la ricerca dimostra come anche le concentrazioni di pesticidi considerate sicure nella valutazione del rischio ambientale possono determinare effetti sulla salute umana, seppur indirettamente.