I Paesi più ricchi devono smettere di esportare i pesticidi più tossici nelle nazioni più povere. Il richiamo viene da Baskut Tuncak, relatore speciale delle Nazioni Unite sulle sostanze tossiche, ed è stato sottoscritto da 35 esperti del Consiglio dei diritti umani Onu. Si tratta di una pratica deplorevole – così l’ha definita Tuncak – che va al di là degli aspetti commerciali ed economici: riguarda il rispetto dei diritti umani.
Nella sua dichiarazione Tuncak ha ricordato come lo scorso anno più di 30 nazioni ricche hanno esportato nei Paesi poveri di America Latina, Africa e Asia sostanze altamente tossiche il cui utilizzo era vietato nel proprio territorio. Con il rischio – in realtà la quasi certezza – di esporre le popolazioni più povere a un forte rischio per la salute.
Purtroppo l’Europa non fa eccezione. “L’Unione Europea continua a esportare questi pesticidi e sostanze chimiche industriali tossiche con conseguenti violazioni diffuse dei diritti alla vita, alla dignità e alla libertà da trattamenti crudeli, inumani e degradanti nei Paesi a basso e medio reddito”, ha dichiarato Baskut Tuncak.
Di fatto le nazioni più ricche hanno creato un sistema basato su due pesi e due misure che consente il commercio e l’uso di sostanze per loro proibite in parti del mondo in cui le normative sono meno rigorose, esternalizzando sulle persone più vulnerabili dei Paesi poveri gli impatti sulla salute e sull’ambiente.
“Si tratta di una concessione politica all’industria che produce tali sostanze. Una concessione che consente di trarre profitto dall’avvelenamento di lavoratori e comunità e che porta ad alimentare modelli di consumo e di produzione insostenibili”, ha aggiunto Tuncak. “Gli Stati che esportano sostanze chimiche vietate senza una forte giustificazione di interesse pubblico violano i loro obblighi extraterritoriali ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani, compresi quelli relativi ad assicurare un ambiente salubre e condizioni di lavoro sicure”.
Il tema del doppio standard era stato già sollevato all’inizio di quest’anno da una recente indagine svolta da Unearthed (una squadra di giornalisti attivi sulle tematiche ambientali) e dalla ong svizzera Public Eye. Secondo questo studio, i cinque maggiori produttori di pesticidi al mondo – Basf, Bayer, Corteva, Fmc and Syngenta tutti con sede in Europa o negli Usa – nel 2018 avevano ricavato il 35% del loro fatturato dalla vendita di pesticidi classificati come altamente pericolosi. In particolare più di un miliardo di dollari si riferiva a prodotti chimici – molti dei quali banditi nei mercati europei – altamente tossici per le api e i due terzi di queste vendite riguardava Paesi a medio o basso reddito come India e Brasile. Pesticidi che nella gran parte dei casi sono destinati alle coltivazioni di mais e soia destinate all’alimentazione dei bovini da carne.