di Maria Pia Terrosi
In Italia il consumo di suolo è ancora a livelli preoccupanti. Nel 2019 sono andati persi circa 16 ettari al giorno, 57 chilometri quadrati in un anno, afferma l’ultimo Rapporto Ispra Snpa sul consumo di suolo in Italia 2020. Suolo artificializzato, cementificato, degradato.
Dati preoccupanti anche per gli effetti sull’agricoltura. Secondo un’analisi di Coldiretti in 25 anni in Italia è sparito il 28% della terra coltivata. La perdita di terreno agricolo – oggi ridotto a 12,8 milioni di ettari – ha conseguenze pesanti anche dal punto di vista economico. Le aree perse negli ultimi sette anni – dal 2012 al 2019 – garantivano 3,7 milioni di quintali di prodotti agricoli, per un valore stimato in quasi 7 miliardi di euro.
“Aver perso 2 milioni e mezzo di quintali di prodotti da seminativi, seguiti dalle foraggere (-710mila quintali), dai frutteti (-266 mila), dai vigneti (-200 mila) e dagli oliveti (-90 mila), è particolarmente grave in una situazione che vede il nostro Paese costretto a importare un quarto degli alimenti di cui ha bisogno in un momento di grandi tensioni nel commercio internazionale a causa dell’emergenza coronavirus”, precisa Coldiretti.
Al danno economico si aggiunge che la perdita di aree agricole coltivate si traduce in mancata manutenzione del territorio, maggior degrado e incuria. Elementi che, assieme alla cementificazione selvaggia, possono contribuire a quei fenomeni di dissesto idrogeologico sempre più frequenti (più del 91% dei Comuni italiani è a rischio frane e alluvioni).
Il suolo, infatti, offre una serie di servizi ecosistemici spesso dimenticati, ma indispensabili. Non solo la possibilità di produrre cibo, ma anche la capacità di trattenere l’acqua, contenere fenomeni di erosione, assorbire CO2, quindi di contrastare i cambiamenti climatici.
Il suolo consumato in Italia solo nel 2019 – si legge nel rapporto Ispra – garantiva lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio, l’infiltrazione di oltre 300 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde e aggravano la pericolosità idraulica dei nostri territori. Il danno quantificato da Ispra è stato pari a 3 miliardi di euro.