Le sfide della strategia UE Farm to Fork

Per la vice presidente della commissione Agricoltura della Camera, Susanna Cenni, ospite dell’ultimo podcast di Cambia la Terra, il nuovo piano è “un possibile cambio di passo per il sistema agroalimentare” e “una sfida da raccogliere pienamente” per il nostro Paese

Un possibile cambio di passo per tutto il nostro sistema agroalimentare”. Così definisce la strategia Farm to Fork Susanna Cenni (Pd), vice presidente della commissione Agricoltura della Camera, ospite dell’ultimo podcast di Cambia la Terra.

La strategia europea, in italiano “dal produttore al consumatore”, è stata presentata il 20 maggio scorso assieme a quella sulla biodiversità. “Cioè all’indomani dell’annuncio di un grande obiettivo per l’Europa, il green deal: l’ambizione di questo continente di diventare in tempi abbastanza ravvicinati il primo continente ad emissioni neutre” spiega l’esponente democratica. “Questa strategia ci dice che l’agricoltura è uno dei comporti strategici per raggiungere questi obiettivi”.
Lo ritengo un passaggio potenzialmente molto positivo”, ha aggiunto Cenni. “Intanto perché rimette l’agricoltura al centro dei processi di cambiamento. Comprendo che gli obiettivi ‘numerici’ della strategia, come la riduzione dell’uso dei pesticidi e dei fertilizzanti del 50 per cento, la riduzione delle vendite di antimicrobici per gli animali da allevamento, la destinazione di almeno il 25 per cento del territorio agricolo dell’UE a biologico, entro il 2030, siano stringenti. Però è anche vero che ad oggi questi obiettivi non sono vincolanti. Stiamo parlando cioè di una strategia ma non di un atto normativo che mi auguro arriverà”.
“I target comunitari, per la rappresentante della commissione Agricoltura, “guardano alla salute delle persone e dell’ambiente ma anche a un sistema alimentare che si pone l’obiettivo di essere da una parte sano e rispettoso della natura, appunto, ma anche, dall’altra, di garantire agli agricoltori redditività”.

Tra i primi in classifica per il bio
L’Italia, in materia di agricoltura biologica, potrebbe essere tra i “primi della classe”.
“Penso che questi obiettivi siano per il nostro Paese molto interessanti”, ha continuato Cenni. “Rispetto ad altri Paesi europei, noi abbiamo già oggi una porzione importante del nostro territorio agricolo destinata all’agricoltura biologica, potremmo dunque avere un vantaggio competitivo rispetto a questo scenario”.
Sul fronte normativo, “abbiamo inoltre una legge sul biologico che è già stata approvata alla Camera e quindi occorre incoraggiare il Senato ad arrivare velocemente in fondo all’iter, per governare questi obiettivi”.
Un nodo però preoccupa la deputata ed è quello delle etichette. Nella strategia si parla di etichettatura e su questo credo valga la pena di aprire una riflessione seria: se l’Europa pensa a un’etichettatura “a semaforo”, il nostro Paese in più di una occasione ha contestato questo tipo di etichette. Mentre facciamo una battaglia sull’origine, sulla trasparenza dei prodotti”.
Su tutti i contenuti di questo tema la Commissione specifica di Montecitorio, ha “avviato da alcune settimane un lavoro di audizioni: stiamo ascoltando associazioni agricole, ricercatori, sentiremo anche ovviamente il ministero ed esperienze che si occupano in modo particolare di innovazione e sostenibilità, perché vogliamo raccogliere le impressioni ma anche elementi ‘di avanguardia’ del settore, per poi esprimere un parere”.
Le audizioni degli “addetti ai lavori” proseguiranno anche nelle prossime settimane, per poi portare la commissione Agricoltura ad esprimere un suo parere ufficiale. Dalle prime audizioni già svolte, la deputata registra comunque “un apprezzamento generale per questo documento ma anche una serie di preoccupazioni di una parte del mondo agricolo e dell’agroalimentare rispetto all’impatto e quindi ai costi che il raggiungimento di questi obiettivi potrebbe determinare”.

Giusto rischiare o avere paura?
“Resto personalmente convinta che l’approccio giusto sia quello di raccogliere pienamente questa sfida. E per farlo occorre orientare le risorse che avremo a disposizione anche con il recovery fund per aiutare il sistema a crescere con l’agricoltura biologica, a diminuire l’uso di input chimici, a usare al meglio l’innovazione tecnologica e la ricerca proprio per maggiori performance di sostenibilità”.

Una sfida che non è solo etica ma anche remunerativa. “Sono convinta che questo passaggio convenga all’Italia: non è solo giusto per evidenti ragioni di sostenibilità ambientale, ma conviene anche economicamente al nostro Paese essere il primo membro dell’UE che si misura con questi obiettivi. Ovviamente”, ha concluso la vice presidente della commissione Agricoltura, “bisogna accompagnare il mondo agricolo, non lasciarlo solo, sostenerlo negli sforzi che dovrà fare. Anche quando ci sarà “uno strumento normativo più chiaro, considerato che fino ad ora gli obiettivi non sono vincolanti e quindi su questo l’Europa dovrà chiarire meglio come pensiamo di procedere”.

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