L’umanità deve risolvere insieme le crisi del clima e della natura o non risolverà nessuna delle due. Solo ripristinando e proteggendo la natura vengono tutelati la biodiversità e gli ecosistemi che possono assorbire rapidamente ed economicamente le emissioni di carbonio. E’ la tesi sostenuta in un rapporto redatto dai principali esperti mondiali di biodiversità e clima, convocati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change e dalla Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services.
La premessa è che il riscaldamento globale, la devastazione di foreste e di altri ecosistemi e la distruzione della fauna selvatica stanno provocando danni crescenti alla natura, da cui l’umanità dipende per cibo, acqua e aria pulita, rilasciando enormi quantità di anidride carbonica. L’aumento delle temperature e le condizioni meteorologiche estreme, a loro volta, danneggiano sempre più la biodiversità.
Per porre fine all’emergenza climatica, avvertono i ricercatori, non basta ripristinare e proteggere la natura in maniera che il carbonio possa essere assorbito in modo rapido ed economico. Sono essenziali anche rapidi tagli alla combustione di combustibili fossili.
Un altro studio della Boston University, dell’Università Ca’ Foscari Venezia e della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, rafforza le previsioni del rapporto dell’Ipcc e valuta quali potranno essere le conseguenze sull’agricoltura mondiale. I cambiamenti climatici, con un aumento degli eventi di calore estremo, ridurranno le precipitazioni nelle principali aree coltivate del mondo, con impatti sulla produttività agricola. In uno scenario di riscaldamento globale spinto, se gli agricoltori non saranno in grado di adottare strategie di adattamento migliori di quelle adottate finora, si legge nel rapporto pubblicato nel Journal of Environmental Economics and Management, i raccolti globali si potrebbero ridurre del 10% entro la metà del secolo e del 25% entro la fine del secolo.
“A livello globale, la capacità di adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici degli agricoltori, anche nel lungo termine, potrebbe essere limitata”, spiega il professor Ian Sue Wing della Boston University, primo autore dello studio. “Negli Stati uniti gli agricoltori sono stati in grado di compensare solo in parte gli impatti negativi degli eventi di calore estremo sulle rese di mais e soia su archi temporali di decenni”. Se questo ritardo esiste negli Stati uniti, si chiede lo studio, quale potrebbe essere l’impatto sul settore in Paesi più esposti al climate change, ad esempio quelli che si trovano lungo la fascia tropicale, e dove vive il 40% della popolazione mondiale?
“È chiaro che non possiamo risolvere la crisi globale della biodiversità e del clima separatamente. O risolviamo entrambe o non risolviamo nessuna delle due”, ha detto al Guardian Sveinung Rotevatn, ministro norvegese per il clima e l’ambiente.
Il rapporto Ipcc ha identificato le azioni per combattere contemporaneamente le crisi climatiche e naturali. L’espansione delle riserve naturali e il ripristino – o l’arresto della perdita di – ecosistemi ricchi di specie e carbonio, come foreste, praterie naturali e foreste di alghe. “Tra il 1970 e il 2000, le foreste di mangrovie hanno perso circa il 40% della loro estensione e le paludi salmastre circa il 60”, ha affermato il professor Alex David Rogers dell’Università di Oxford e autore del rapporto Ipcc.
Dal momento che i sistemi alimentari causano un terzo di tutte le emissioni di gas serra, un’altra azione importante, suggerisce il rapporto, è un’agricoltura più sostenibile. Aiutata dalla fine dei sussidi distruttivi e dalle nazioni ricche che devono arrivare a mangiare meno carne e a tagliare gli sprechi alimentari. “L’allevamento non solo emette da 10 a 100 volte più gas serra per unità di prodotto rispetto agli alimenti a base vegetale, ma utilizza anche da 10 a 100 volte più terra”, ha ricordato Pete Smith, dell’Università di Aberdeen. “Quindi più diete a base vegetale significherebbero un’agricoltura più rispettosa dell’ambiente”.
La protezione e il ripristino degli ecosistemi naturali rappresenta il modo più rapido ed economico per rimuovere la CO2 dall’atmosfera, sostengono gli scienziati. “La scienza è molto chiara sul fatto che il cambiamento climatico e la biodiversità sono inseparabili. Per stabilizzare il cambiamento climatico, assorbendo carbonio, abbiamo bisogno di una massiccia riforestazione”, afferma il professor Mark Maslin, dell’University College di Londra.