Non solo prodotti chimici utilizzati in agricoltura – pesticidi, biocidi, fertilizzanti – possono produrre serie conseguenze sull’organismo umano. Adesso uno studio dell’Università di Padova e Ca’ Foscari di Venezia pubblicato sulla rivista Chemosphere ha confermato la potenzialità dei ritardanti di fiamma – additivi chimici applicati su un’ampia gamma di materiali per aumentare la resistenza al fuoco – di essere accumulati nelle piante e di entrare nella catena alimentare umana con conseguenti effetti sulla salute.
Lo studio dal titolo Maize plant (Zea mays) uptake of organophosphorus and novel brominated flame retardants from hydroponic cultures, ha indagato sperimentalmente il potenziale accumulo nella catena alimentare dei ritardanti di fiamma organofosforici (flame retardants, o Fr). Si tratta di additivi chimici applicati su un’ampia gamma di materiali (tessuti, schiume, dispositivi elettrici ed elettronici, legno, prodotti da costruzione e isolanti) per aumentare la resistenza al fuoco e contribuiscono ad evitare la rapida propagazione delle fiamme.
La definizione “ritardanti di fiamma”, tuttavia, identifica una funzione e non una specifica classe di componenti chimiche: sono numerose le sostanze che possono servire allo scopo. Attualmente, sono circa 200 i composti chimici organici ed inorganici usati come Fr per le loro proprietà fisico-chimiche e molti di questi sono considerati tossici per l’uomo e l’ambiente.
Nell’Unione europea, l’uso di alcuni Fr è vietato o limitato per ragioni di sicurezza della salute pubblica. Tuttavia, a causa della loro persistenza nell’ambiente, tali sostanze chimiche continuano a destare timori: i prodotti trattati con Fr, infatti, lasciano “filtrare” queste sostanze nell’ambiente e contaminano l’aria, il suolo e l’acqua. Questi contaminanti possono successivamente penetrare nella catena alimentare, dove si trovano soprattutto in alimenti di origine animale come pesce, carne, latte e prodotti derivati.
“Da tempo la letteratura scientifica ha considerato i ritardanti di fiamma come tossici per l’uomo e pericolosi per l’ambiente. La presente attività di ricerca, basata sullo studio di un elevato numero di test sperimentali – spiega il professor Alberto Pivato del dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università di Padova, co-autore dello studio – ha confermato la potenzialità dei ritardanti di fiamma, anche di ultima generazione, di essere accumulati nelle piante di mais e dunque di entrare nella catena alimentare umana con conseguenti effetti sulla salute”.
“Il concetto di bioaccumulo, il cui ruolo primario viene messo in evidenza nel nostro studio, – spiega il professor Rossano Piazza del dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’Università Ca’ Foscari Venezia, co-autore dello studio – mette in evidenza la necessità di una piena implementazione dei principi dell’economia circolare, al fine di ripensare al fine vita di tutti gli additivi chimici utilizzati in prodotti di così largo consumo. Molti nuovi composti, infatti, a causa della loro elevata stabilità chimica, finiscono nell’ambiente attraverso diverse vie (dilavamento, deposizione atmosferica, rilascio da rifiuti, etc.) fino ad arrivare negli organismi viventi attraverso complessi meccanismi di bioaccumulo”.