Dopo anni di discussione il Parlamento Ue ha dato il via libera alla nuova Pac, la Politica agricola europea. Peccato che la montagna abbia partorito il topolino e la nuova Pac – che sarà in vigore dal 2023 al 2027 – non abbia recepito lo spirito della strategia Farm to Fork. Ma al contrario sostenga un modello di agricoltura industriale ad alto impatto ambientale.
Una riforma mancata, dunque, che non affronta adeguatamente i problemi riguardanti il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. Continuando a concedere sussidi in base agli ettari piuttosto che alle pratiche agricole sostenibili, premiando le grandi imprese piuttosto che i piccoli agricoltori.
Votata trasversalmente dal 65% dei deputati (tra i favorevoli centro-destra, Pd e 5 stelle; tra i contrari Verdi europei), la nuova riforma è considerata da chi l’ha sostenuta un buon compromesso su sicurezza ed equità sociale. Secondo Norbert Lins, presidente della Commissione per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo “è una Pac più sociale e in grado di proteggere maggiormente ambiente e biodiversità”, mentre secondo la relatrice Ulrike Mueller “senza questa riforma non sarebbe stato possibile aiutare gli agricoltori”.
Diverso il parere delle organizzazioni ambientaliste che la giudicano molto deludente.
“Questa Pac dimostra che si insiste su un approccio agricolo industriale che non solo ha avuto impatti disastrosi sull’ambiente ma non ha neppure garantito reddito adeguato agli agricoltori”, commenta Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio. “Era invece necessario un approccio innovativo che indicasse un modello, come quello rappresentato dal biologico e dalle pratiche agroecologiche, in grado di dare valore al cibo, al lavoro degli agricoltori e costruire sistemi locali di produzione e consumo degli alimenti.”
“La nuova Pac è una brutta copia della precedente e di fatto continuerà a sostenere un modello di agricoltura industriale e inquinante almeno fino al 2027”, commenta Marta Messa, direttrice di Slow Food Europa. “In questo modo la Pac, da cui dipendono le ambizioni del Green Deal della Commissione europea e della strategia europea Farm to Fork, perde l’opportunità di costruire un sistema alimentare resiliente che sia sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Mentre i cittadini e i giovani continuano a esprimere la loro disponibilità ad avanzare verso un futuro attento all’ambiente, questa riforma è in ritardo e continuerà a sovvenzionare un modello agricolo insostenibile”.
A questo punto la palla e la speranza di traghettare l’agricoltura verso la transizione ecologica passano agli Stati membri che stanno preparando i Piani strategici nazionali (Psn). Piani che consentiranno la gestione dell’intero blocco finanziario della Pac e non più, come ora, la sola gestione dei fondi dello Sviluppo Rurale. Cifre considerevoli visto che la Pac amministra circa un terzo del portafoglio finanziario dell’Ue: 387 miliardi che l’Unione destina alle politiche agricole fino al 2027, 50 dei quali destinati al nostro Paese.
“Ora crediamo che nella stesura dei Piani strategici nazionali l’Italia dovrebbe fare scelte ambiziose cercando di favorire il più possibile un diverso approccio all’agricoltura,” aggiunge Maria Grazia Mammuccini. “Purtroppo dopo la stesura della prima bozza del Piano strategico nazionale siamo ancora più preoccupati perché il biologico è considerato nel solo obiettivo dello sviluppo sostenibile, non è su competitività, né su clima e biodiversità. Credo che così rischiamo di perdere un’opportunità strategica per il nostro paese.”
“L’Italia non perda l’opportunità di sviluppare un Piano strategico per una Pac all’altezza del Green Deal europeo”, dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. Chiediamo ai ministri Patuanelli e Cingolani, coinvolti nella definizione del Psn per l’agricoltura italiana, di raccogliere la sfida epocale di traghettare l’agricoltura italiana verso la transizione ecologica, considerando gli immensi benefici che deriverebbero dal raggiungimento degli obiettivi delle strategie in materia di difesa della biodiversità in agricoltura, alimentazione sostenibile e lotta al cambiamento climatico. La transizione ecologica è un’opportunità irripetibile per l’agroalimentare italiano, ma richiede una profonda ristrutturazione di molte filiere, a partire da quella zootecnica, disincentivando i metodi intensivi e premiando le pratiche virtuose”.
Una valutazione, questa sull’importanza dei Psn, condivisa da Eleonora Evi, europarlamentare di Europa Verde. “Questa pessima riforma dovrà ora essere implementata dagli Stati membri nell’ambito dei rispettivi piani strategici nazionali. Sarà questo il nuovo campo di battaglia per aggiustare il tiro e cercare di rendere questa Pac più sostenibile. Questo voto è uno schiaffo all’ambiente, al clima, ai piccoli agricoltori e al Green Deal europeo, perché di fatto consegna un assegno in bianco alle grandi industrie dell’agribusiness. Cedendo supinamente alle pressioni delle potenti e radicate lobby agricole, il Parlamento ha votato a favore di una ‘non-riforma’ che mantiene inalterata l’insostenibile situazione attuale, andando a confermare criteri per l’erogazione dei sussidi agricoli profondamente ingiusti, a vantaggio delle grandi imprese che continueranno a ricevere miliardi di fondi pubblici”.