Solo 2 studi su 11 di quelli forniti alle autorità di regolamentazione europee per sostenere la nuova autorizzazione all’uso del glifosato sono scientificamente affidabili. E’ la conclusione degli studiosi dell’Istituto di ricerca sul cancro dell’Università di Vienna al termine di un lavoro di revisione degli studi sulla sicurezza presentati per favorire il rinnovo dell’autorizzazione dell’erbicida.
Tra poco più di un anno, a dicembre 2022, scadrà l‘autorizzazione all’uso del glifosato in Europa. Bayer AG e altre aziende del settore si stanno muovendo per assicurarsi il rinnovo e hanno presentato alle autorità di regolamentazione dell’Unione europea una serie di studi per comprovare la sicurezza dell’erbicida.
Peccato che di questi 11 studi solo 2 siano stati considerati scientificamente affidabili. Altri 6 sono considerati parzialmente affidabili e tre del tutto mancanti di rigore scientifico. Gli studi affidabili erano del 2016 e del 2020 ed entrambi sponsorizzati da Monsanto. Risalgono invece a più di 10 anni fa gli studi considerati dell’Istituto di ricerca sul cancro dell’Università di Vienna non affidabili e sponsorizzati a suo tempo due aziende biotecnologiche.
Uno degli scopi principali degli studi delle aziende era valutare le proprietà genotossiche del glifosato e dunque il rischio di cancro. Le aziende sostengono che i risultati delle ricerche svolte mostrano che il glifosato non è genotossico, ovvero non provoca danni al Dna.
Di parere diverso Siegfried Knasmueller. Secondo uno degli autori del rapporto gli studi presentati non sono affidabili in quanto non includono i test nuovi più efficaci per il rilevamento di agenti cancerogeni genotossici.
I risultati emersi dal rapporto dell’Università di Vienna (“Evaluation of the scientific quality of new studies concerning the genotoxic properties of glyphosate submitted to the EU authorities by the Glyphosate Renewal Group in 2020”) toccano un tasto dolente relativo all’affidabilità di studi sulla sicurezza di sostanze chimiche condotti dalle stesse aziende che le producono.
“Le istituzioni non dovrebbero fare affidamento su studi di settore”, ha affermato Peter Infante, epidemiologo statunitense ed ex direttore dell’Occupational Safety and Health Administration. “Se l’industria vuole fare studi dovrebbe mettere i soldi a disposizione di scienziati indipendenti che non hanno conflitti di interesse.”