Se il lockdown del 2020 ci aveva insegnato a non sprecare cibo (-11,78% rispetto al 2019), la lezione sembra essere già dimenticata. Gli ultimi dati presentati oggi dall’Osservatorio Waste Watcher durante la 9° Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare. Nel 2021 è aumentata la quantità di alimenti acquistati e poi non consumati dalle famiglie italiane. Ogni settimana finiscono nella pattumiera 595 grammi di alimenti a persona, un dato in aumento rispetto ai 529 grammi del 2020. Come dire quasi 31 chilogrammi di cibo che ogni italiano butta via in un anno. Per un valore complessivo pari a 7,37 miliardi di euro (oltre 10 considerando l’intera filiera).
Lo spreco alimentare oltre a essere eticamente inaccettabile in un pianeta dove ancora 690 milioni di persone (dati Fao 2020) soffrono la fame, ha anche significativi impatti ambientali legati alle risorse impiegate nelle varie fasi del ciclo produttivo. A partire dal consumo di suolo, di acqua e di energia.
Se a parole gli italiani sono consapevoli del valore del cibo – l’85% chiede di rendere obbligatorie per legge le donazioni di cibo invenduto da parte di supermercati e aziende ad associazioni che si occupano di persone bisognose – lo sono un po’ meno nei fatti.
Dietro i 31 chilogrammi di cibo buttati via ci sono anche modelli di consumo che spingono ad acquisti eccessivi spesso incentivati dal marketing e da abitudini familiari, come quella di fare la spesa una o al massimo due volte a settimana.
Lo spreco alimentare in qualche modo condiziona anche il modello agricolo. Spinge per un aumento progressivo delle quantità. Che a sua volta sollecita una crescita continua dell’uso di fertilizzanti e pesticidi per forzare il ritmo della produzione. Sostanze che contaminano terreni e corsi d’acqua. Calcolando che in Italia, secondo gli ultimi dati Ispra, si usano 114 mila tonnellate di pesticidi l’anno, eliminare lo spreco (che vale almeno il 30% dei cibi prodotti) vorrebbe dire togliere di mezzo 34 mila tonnellate di pesticidi.