Non più di 500 ettari: questa la superficie agricola massima che un singolo proprietario dovrebbe poter gestire. E’ questa la proposta di direttiva europea che l’Ong Via Campesina (organizzazione che tutela piccoli produttori e agricoltori) ha presentato al fine di contrastare la concentrazione delle terre agricole in Europa. Un fenomeno in crescita che vede diminuire il numero delle aziende agricole e al contempo crescere la loro dimensione.
Se nel 2005 infatti le aziende agricole erano circa 15 milioni, oggi il loro numero si è fortemente ridotto attestandosi a soli 9,1 milioni per una superficie agricola totale pari a 157 milioni di ettari e una superficie media pari a 17 ettari per azienda.
Ma come sempre accade con le medie il dato non racconta le disuguaglianze e le differenze tra aziende che gestiscono appezzamenti enormi e altre che hanno superfici irrisorie. Basti pensare che nel 2013 – e da allora la situazione è diventata ancor più grave – più della metà dei terreni agricoli era controllata dal 3% delle aziende agricole mentre il 76,2% delle aziende possedeva solo l’11,2% della terra agricola.
Il ritorno al latifondo – i nuovi latifondisti in Europa sono soggetti privati ma anche banche e società di assicurazione – pone non pochi problemi. Prima di tutto – ammonisce l’ong – la concentrazione delle terre favorisce evidentemente l’adozione di un modello agricolo industrializzato e intensivo che ricorre più facilmente a input chimici come fertilizzanti e pesticidi. Sostanze tossiche che peggiorano lo stato di salute del suolo che in Europa risulta per il 60 70% della sua estensione in condizione di degrado e impoverimento.
In secondo luogo si rischia di perdere la varietà dei prodotti. Sui grandi appezzamenti si tende infatti a coltivare solo ciò che conviene di più a livello economico, tralasciando colture meno redditizie ma fondamentali per la biodiversità.
Il limite dei 500 ettari, infine, secondo Via Campesina sarebbe utile non solo per promuovere un modello agricolo più sostenibile, ma anche per favorire il ricambio generazionale: “Stiamo assistendo da anni a una generale riduzione delle terre coltivabili, con sviluppi urbani insostenibili e pericolosi sul piano idrogeologico. Inoltre le terre a disposizione tendono ad essere acquistate da pochi soggetti, che con la produzione di cibo spesso non hanno né legami storici né intenzioni di tutela.”
Ad aggravare la situazione la stessa Pac che riconosce contributi alle aziende in base agli ettari posseduti. Per quanto riguarda l’Italia il 20% delle aziende agricole riceve l’80% dei contributi Pac e controlla il 75% della superficie agricola utilizzata.