Il giusto prezzo è un tema strategico dell’intero settore agroalimentare e sul quale si gioca il futuro del biologico. Una questione sempre più dibattuta nel settore agroalimentare: il biologico intende attivare una riflessione profonda e arrivare a definire proposte concrete.
“Nel biologico, senza un sistema organizzato che risponda anche a principi etici all’interno della filiera, c’è il rischio di arrivare a prezzi fuori controllo come accade nel convenzionale: prezzi troppo bassi adottati per rispondere alle sollecitazioni di una parte della grande distribuzione, che non garantiscono i costi di produzione. Occorre fare una riflessione che porti a proposte concrete che consentano di impostare filiere agroalimentari del bio che garantiscano la giusta remunerazione per il produttore e un prezzo accessibile per il consumatore”. Con queste parole Maria Grazia Mammuccini, Presidente di Federbio, ha aperto il terzo webinar organizzato lo scorso 9 maggio sul tema del giusto prezzo per gli agricoltori nel mercato dei produttori biologici organizzato per i soci produttori in vista dell’assemblea di luglio a Roma.
Servono linee guida standard per la coltivazione e l’allevamento biologico su cui calcolare costi di produzione che possano essere da riferimento per listini dei prezzi dei prodotti biologici: questo il primo punto della proposta che FederBio ha formulato da tempo per un “giusto prezzo”. Un prezzo che regoli il mercato del biologico in maniera indipendente da quello dei prodotti convenzionali, mentre ora è il prezzo dei prodotti convenzionali che determina anche quello dei biologici.
Il prezzo giusto è dunque quello a cui gli agricoltori biologici dovrebbero poter vendere i loro prodotti: una battaglia che vede protagonisti i soci produttori, ma anche di trasparenza verso i consumatori.
La corretta pratica del metodo biologico comporta infatti l’adozione di modelli organizzativi e gestionali specifici come la rotazione delle colture o l’allevamento connesso all’azienda agricola. Tecniche e tecnologie che determinano costi di produzione che non possono essere adattati, se non in minima parte, ai soli andamenti del mercato. E’ evidente che questo aspetto è d’interesse anche per il sistema di certificazione e di trasparenza: rese produttive non coerenti con una corretta pratica del metodo biologico e prezzi di vendita costantemente sotto i costi di produzione possono essere un indice di frode, oltre che alterare la concorrenza sul mercato a danno dei produttori biologici onesti.
“Oggi nella filiera agroalimentare la parte agricola pesa sempre di meno sulla formazione del prezzo del prodotto”, ha affermato nel suo intervento Angelo Frascarelli, presidente Ismea. “Se nel 2009 pesava per il 25%, oggi siamo intorno al 15%. Questo perché il consumatore guarda con sempre maggiore interesse più che al prodotto ai servizi associati come il porzionamento e il packaging. Questo genera una perdita sempre più marcata del potere contrattuale del produttore all’interno della filiera”.