L’agricoltura biologica e biodinamica continua a crescere: in Italia conta quasi 93.000 operatori, con un 7,7% di crescita rispetto al 2021, più di 82.000 produttori e una superficie agricola utilizzata di quasi 19%. Un balzo in avanti che conferma la leadership in Europa per l’agricoltura biologica nazionale. Un modello di produzione sostenuto dal Green Deal europeo e dalla Strategia Farm to Fork, le cui indicazioni mirano a superare l’attuale agricoltura intensiva e a promuovere la transizione agroecologica nei sistemi agricoli europei. Ma per sostenerlo occorrono interventi mirati e urgenti, in primo luogo nella semplificazione burocratica e nell’abbattimento dei costi a carico degli agricoltori.
È questo solo il primo punto del Manifesto dei produttori biologici e biodinamici approvato dall’Assemblea nazionale dei soci produttori di FederBio che si svolge a Palazzo Rospigliosi e che vede la partecipazione diretta dei protagonisti della produzione alimentare. Gli agricoltori, senza i quali non c’è cibo, sono – secondo quanto denunciano le associazioni del bio – l’anello meno ascoltato e rappresentato della catena produttiva. Oggi sono i protagonisti dell’Assemblea, con richieste e proposte concrete che indirizzano al Governo. Assieme alle decine di produttori, intervengono – tra gli altri – il sottosegretario al Masaf Luigi D’Eramo; la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini; il presidente di Coldiretti Ettore Prandini e il segretario generale Vincenzo Gesmundo; la presidente di Coldiretti Bio Maria Letizia Gardoni, il presidente di Anabio Cia Giuseppe De Noia, il vicepresidente di FederBio per la biodinamica Marco Paravicini e il segretario generale di FederBio Paolo Carnemolla.
Il successo del bio risiede nell’impegno di molti agricoltori e agricoltrici, spesso giovani, che credono nell’ equilibrio tra gli interessi dell’azienda e il bene comune, come la protezione del suolo, della biodiversità e della salute dei cittadini. Ma questo ruolo di funzione pubblica è minacciato dal macigno della burocrazia. Infatti, l’83% delle aziende agricole fra quelle che – in controtendenza rispetto alla crescita complessiva – hanno deciso di lasciare negli ultimi anni il settore del biologico imputa questa decisione a eccessivi oneri burocratici e di certificazione. Attualmente, il sistema di certificazione è delegato a organismi privati accreditati, i cui costi gravano sugli operatori e, inevitabilmente, sui consumatori.
Il Manifesto presentato oggi a Roma durante l’assemblea dei soci produttori di FederBio, in rappresentanza di ben 50.000 agricoltori biologici e biodinamici, chiede in primo luogo semplificazione burocratica, a partire dall’istituzione di un sistema unico nazionale di certificazione, con tariffe uniformi e piani di controllo standard, approvati da un’Autorità competente nazionale del settore. Un sistema di certificazione semplificato è fondamentale – inoltre – per definire il giusto prezzo.
Il logo europeo che compare sull’etichetta dei prodotti biologici certificati garantisce ai consumatori un metodo di produzione agricola o di allevamento. Tecniche e tecnologie che determinano costi di produzione che non possono essere equiparati a quelli del mercato dei prodotti convenzionali. Per questo i produttori di FederBio chiedono di istituire una Commissione Unica Nazionale per definire i prezzi a partire dai costi reali del biologico che – oltre a essere gravato oggi dalla certificazione che soprattutto nel primo anno è di alcune migliaia di euro – deve supportare il maggior carico di lavoro dovuto alla rinuncia a diserbanti, fitofarmaci e fertilizzanti chimici di sintesi.
“Bisogna definire il giusto prezzo a partire dei costi di produzione che gli agricoltori e allevatori bio devono sostenere e che sono inevitabilmente più alti rispetto al convenzionale”, afferma Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio. “I produttori agricoli biologici e biodinamici portano un valore aggiunto alla società poiché producono e proteggono beni pubblici essenziali, come suolo sano, agrobiodiversità e colture senza pesticidi, garantiti dal metodo bio. Nonostante questa evidenza, c’è il rischio che il loro ruolo nella filiera agricola diminuisca, così come è già successo purtroppo nell’agricoltura convenzionale. L’obiettivo della sezione dei soci produttori è proprio quello di rafforzare il ruolo strategico dei produttori agricoli bio per il bene dell’ambiente e della comunità. A tal fine, è necessario garantire un giusto prezzo, i cui costi devono essere distribuiti equamente su tutta la filiera. Non è più possibile che, chi si prende cura del bene pubblico, paghi il prezzo di più caro in termini di mancato guadagno”.
Ma non c’è solo la richiesta di regole più semplici e controlli trasparenti che tutelano in primo luogo gli agricoltori bio dalle truffe, nel manifesto approvato oggi nell’Assemblea “Il Bio a raccolta”. Nel dibattito sul futuro della zootecnia, è emersa la richiesta di porre l’allevamento biologico e biodinamico a modello di riferimento per l’intera zootecnia italiana, in linea con le politiche europee e la transizione ecologica e sociale. Rispondere alla sensibilità crescente dei cittadini per il rispetto e il benessere degli animali offre – secondo quanto si legge nel Manifesto – “la vera alternativa per il superamento degli allevamenti intensivi, che non è certo introdurre ‘carni biotecnologiche’ ma puntare a recuperare il ciclo virtuoso della relazione fra allevamento animale, produzione vegetale locale e arricchimento del suolo in sostanza organica su cui si basa l’agricoltura biologica e biodinamica.
Il Manifesto dei produttori, presentato da Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Bio, definisce in sostanza le priorità del settore affinché possa rappresentare, anche in futuro, uno degli asset strategici del Made in Italy. È stato realizzato sulla base di incontri tra i soci produttori di FederBio e le associazioni, che si sono confrontati su questioni cruciali, quali la necessità di sostenere il giusto prezzo per gli agricoltori, l’approccio integrato per favorire la circolarità anche per quanto riguarda l’autoproduzione dei mezzi tecnici e garanzie adeguate per quelli acquistati, la criticità del sistema di certificazione e il carico burocratico, sostenere la diffusione dell’allevamento bio come la vera alternativa per il superamento degli allevamenti intensivi.
Metterli al centro dell’agenda di Governo significa permettere all’intero settore di conciliare il legittimo interesse d’impresa con la difesa del suolo, della biodiversità e della salute dei cittadini. Ma è anche una delle soluzioni più efficaci per affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici.
QUI la cartella stampa e il Manifesto.