La Xylella ama le strade, detesta i parchi

Xylella

Secondo uno studio del Crea, il sistema stradale ha facilitato la diffusione del patogeno, mentre le aree naturali l’hanno ostacolata

Sono state le strade a favorire la diffusione della Xylella. Questa la conclusione emersa da uno studio del Crea, il più importante ente di ricerca italiano dedicato all’agroalimentare. Il sistema stradale infatti ha rappresentato il principale motore di disseminazione della Xylella, mentre al contrario le aree naturali e seminaturali ne hanno ostacolato la propagazione.

Gli studiosi sono arrivati a questa conclusione analizzando i modelli spazio-temporali dell’epidemia di Xylella in Puglia e mettendoli in relazione con le diverse classi di uso del suolo. E’ emerso che la probabilità di infezione in un determinato sito dipende in gran parte dalla tipologia di uso del suolo. La struttura del paesaggio (campagna aperta o città), la distribuzione degli alberi e i flussi di auto, camion o treni rappresentano elementi chiave per la previsione della diffusione della Xylella.

Partendo dai documenti disponibili sul sito della regione Puglia, sono state digitalizzate le coordinate delle piante risultate infette dal 2015 al 2021. Attraverso tecniche di “species distribution modelling” è stato sviluppato un modello per capire come i diversi usi del suolo abbiano influenzato la distribuzione degli olivi infetti da Xylella.  In questo modo sono state identificate le zone più predisposte alla propagazione, realizzando una “habitat suitability map”, vale a dire, una mappa delle zone in cui la pianta trova le condizioni ideali di crescita.

Apparsa nel 2013, la  Xylella  ha colpito 54.000 ettari di uliveti in Puglia provocando la morte di milioni di alberi e ora si sta spostando verso l’Italia centrale.

Riuscire a prevedere l’areale di propagazione del patogeno permette di salvaguardare le colture e di affrontare la malattia in modo più efficace, concentrando il monitoraggio e le misure di contrasto nelle zone individuate. In tal modo, si riduce la necessità di interventi a tappeto su vaste estensioni di territorio, limitando l’abbattimento indiscriminato di piante, la perdita di biodiversità vegetale e l’uso dei pesticidi, e preservando gli habitat naturali.

“La nostra strategia di modellazione – affermano gli autori dello studio – ha evidenziato l’importanza di considerare la pressione antropica nella ricerca attuale sui focolai di Xylella fastidiosa. Ma si tratta di un approccio trasferibile ad altri casi di studio, anche per progettare strategie di sorveglianza nelle aree a rischio ancora prive di malattie (ad esempio, sulle principali strade dove il trasporto veicolare è più elevato) e per formulare ipotesi sullo scenario di diffusione dell’infezione attraverso movimenti legati agli spostamenti antropici, come la circolazione di macchinari e l’elevato livello di attività umane che comporta il turismo”.