Ad Halloween quest’anno la produzione di zucche italiane è calata del 20%. Ormai nessuna coltivazione può ritenersi indenne dalle conseguenze della crisi climatica: se in primavera il calo produttivo era toccato alla frutta (in particolare alle ciliegie), ora si parla di crisi dell’olio e delle castagne. È dalle pagine de la Repubblica che Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, riporta l’attenzione su uno scenario climatico complesso e allarmante che vede l’agricoltura vittima e carnefice allo stesso tempo.
Il comparto agro alimentare se da una parte produce emissioni serra record (coltivazione, allevamento, trasformazione, trasporto), dall’altra parte è tra quelli che pagano pesanti conseguenze per la crisi climatica, registrando cali di produzione ovunque e in particolare nel bacino del Mediterraneo.
“Nelle zone collinari la raccolta delle olive sta tardando come non mai, in attesa che qualche millimetro di pioggia possa rinvigorire dei frutti estremamente secchi”, afferma Petrini. “La storia non cambia di molto nelle zone alpine e appenniniche, dove nei castagneti, sempre a causa di un’estate estremamente siccitosa, si vedono scendere a terra molte foglie ma meno del 50% delle castagne rispetto all’anno scorso. Le preoccupazioni per il domani più prossimo riguardano mele, pere e soprattutto gli agrumi, per i quali già si prevede un ritardo di almeno 2 settimane della prossima raccolta”.
Crea: non sono fenomeni occasionali
Purtroppo – ricorda il Crea – questa annata difficile e complicata, non sarà un’eccezione: occorre investire in ricerca e innovazione per trovare soluzioni ai cambiamenti climatici. “Siamo di fronte a una evidente tendenza alla tropicalizzazione con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense e il rapido passaggio dal caldo al maltempo con effetti devastanti”, precisa Coldiretti sottolineando come i danni prodotti all’agricoltura dalla crisi climatica supereranno quest’anno i 6 miliardi di euro.
Petrini: il tempo a disposizione sta finendo
Eppure dal cibo passa la nostra stessa sussistenza e il futuro della nostra specie. “Continuare a far finta di non vedere il problema, e magari lamentarsi dell’incremento del prezzo dell’olio, è un comportamento che lascia davvero il tempo che trova. Il tempo che abbiamo a disposizione per attenuare gli effetti della crisi climatica è sempre meno. Averne coscienza non basta più, è ora di agire in favore della natura”, conclude Petrini.