Oltre l’80% degli habitat europei è in cattivo stato. Per contrastare questo fenomeno l’Europa ha una nuova normativa: la legge sul ripristino della natura, Nature restoration law. È stata approvata il 27 febbraio, nell’ultima sessione del Parlamento europeo, riunita a Strasburgo, con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astensioni. In aula la maggioranza Ursula (popolari, socialisti e liberali) è stata sostituita da una maggioranza ambientalista, guidata da Socialisti e Verdi e con più della metà dei liberali al suo interno.
Ma di che si tratta? Gli eurodeputati si sono pronunciati rispetto a una proposta della Commissione europea, il cui iter è iniziato il 22 giugno 2022. L’esecutivo comunitario presentò allora una legge sul ripristino della natura per contribuire al recupero a lungo termine della natura danneggiata nelle zone terrestri e marine dell’UE, per raggiungere gli obiettivi dell’UE in materia di clima e biodiversità e per rispettare gli impegni internazionali dell’UE, in particolare il quadro globale di Kunming-Montreal per la biodiversità.
Ora l’approvazione finale del testo da parte dell’emiciclo di Bruxelles. La nuova legge fissa un obiettivo preciso: ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine europee entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050. Per quanto riguarda i modi in cui migliorare la biodiversità negli ecosistemi agricoli, i paesi dell’UE dovranno registrare progressi almeno in due sui seguenti tre indicatori: indice delle farfalle comuni; percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità; stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati. Gli Stati membri dovranno inoltre adottare misure per migliorare l’indice dell’avifauna comune. Gli uccelli sono infatti un indicatore dello stato di salute generale della biodiversità.
Per ciò che concerne il settore agricolo, i Paesi dell’UE dovranno ripristinare almeno il 30% delle torbiere drenate entro il 2030 (almeno un quarto dovrà essere riumidificato), il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050 (con almeno un terzo riumidificato). Il motivo? Le torbiere sono un rimedio naturale per ridurre le emissioni di CO2.
Si parla poi di ecosistemi forestali. La legge impone infatti di piantare tre miliardi di nuovi alberi. Gli Stati membri dovranno inoltre ripristinare almeno 25.000 km di fiumi, trasformandoli in fiumi a scorrimento libero, e garantire che non vi sia alcuna perdita netta né della superficie nazionale totale degli spazi verdi urbani, né di copertura arborea urbana.
L’iter della normativa prosegue. Una volta approvato anche dal Consiglio, sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE ed entrerà in vigore 20 giorni dopo.
Quanto alle reazioni, la legge sul ripristino della natura continua a non piacere al governo italiano. A “Libero Quotidiano” il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha detto: “Questa visione ideologica mette in discussione il ruolo dell’uomo e le sue capacità di manutenzione del territorio. C’è una parte dell’Europa che sembra vivere su un altro pianeta perché è pregiudizialmente contro l’opera dell’uomo”.
Festeggiano invece le associazioni ambientaliste. Dante Caserta, responsabile Affari legali e istituzionali del WWF Italia, ha dichiarato: “L’approvazione della legge sul ripristino della natura è la migliore risposta alla campagna di disinformazione che è stata condotta negli ultimi mesi contro le politiche del Green Deal europeo. Siamo soddisfatti della scelta degli eurodeputati di aver dato ascolto alla scienza e di aver respinto posizioni populiste e antiscientifiche. Ora chiediamo al Governo italiano di cambiare rotta e approvare una legge necessaria per il benessere della natura e delle persone”.
Per il presidente di Federparchi Luca Santini, la norma approvata “è un importante passo avanti per la tutela degli ecosistemi. L’Italia è il Paese UE più ricco di biodiversità e il sistema delle aree naturali protette può e deve essere in prima linea nell’applicazione del nuovo regolamento comunitario. Tutelare la natura non è solo conservazione, ma anche lavoro e sviluppo sostenibile, come già accade oggi nei parchi, dove ci sono importanti filiere produttive a partire da quelle del turismo e dell’agroalimentare. Sviluppo del territorio e tutela degli habitat naturali non sono in contrapposizione. Al contrario, sono fattori complementari”.