Anche obesità e diabete sono collegati ai pesticidi

pesticidi

Sono ormai numerosi gli studi che collegano i pesticidi al rischio di sviluppare numerose patologie. A questi si aggiunge una ricerca condotta in Cina che ha messo in relazione l’obesità e il diabete mellito con l’esposizione cronica a pesticidi.

Triplicata dagli anni Sessanta ad oggi, l’obesità riguarda soprattutto le donne, anche se gli uomini stanno recuperando posizioni. Una vera emergenza sanitaria – negli Usa più della metà degli adulti sono obesi – considerando che l’obesità rappresenta il primo passo verso patologie come il diabete di tipo 2, le malattie cardiache, l’ipertensione, l’insufficienza renale.

Dai risultati della ricerca è emerso che le donne obese e diabetiche presentavano concentrazioni superiori di pesticidi. Tra le sostanze maggiormente presenti il ​​β-esaclorocicloesano (β-BHC) e l’ossadiazone. Quest’ultimo è un erbicida utilizzato su campi sportivi, parchi e cimiteri, mentre il β-BHC è un sottoprodotto della produzione di un antiparassitario (il lindano). Classificato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro come possibile cancerogeno per l’uomo, è stato collegato anche all’anemia aplastica e al cancro al seno.

Purtroppo l’elenco degli inquinanti ambientali collegati all’obesità non si ferma qui. Uno studio di alcuni anni fa aveva studiato il tributilstagno (Tbt) utilizzato tra l’altro per tenere le lumache marine lontane dagli scafi delle navi e per prevenire la crescita di funghi nella produzione dei settori legno e tessile. Questa sostanza, che si accumula nell’organismo e può impiegare 30 anni per degradarsi, è in grado di attivare un processo che porta allo sviluppo delle cellule adipose. 

Infine il clorpirifos riesce a favorire all’obesità causando permeabilità intestinale, infiammazione e perdita di sensibilità all’insulina, fattori importanti nell’induzione del diabete di tipo 2.

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