A spaventare gli agricoltori spagnoli più che la normativa comunitaria è lo spettro della siccità. Al centro della protesta del settore agricolo che ha portato i trattori nelle vie di Barcellona c’è l’allarme per la mancanza di acqua.
“Se non piove non puoi piantare nulla” è lo stringato commento di uno degli agricoltori scesi in piazza per chiedere maggiori aiuti al governo locale. La siccità che ha colpito la Catalogna è la peggiore degli ultimi 100 anni, in pratica da quando sono iniziate le rilevazioni. In alcune aree della regione non piove da 3 anni e le riserve idriche lo scorso gennaio erano scese sotto il 16%.
In risposta a questa situazione il governo catalano ha adottato alcune misure di emergenza: il razionamento dei consumi idrici giornalieri (200 litri a persona) per circa 6 milioni di persone in 202 Comuni compresa Barcellona, la riparazione delle condotte per diminuire le perdite, la regolamentazione dei flussi dei fiumi, il divieto d’irrigazione di parchi e giardini.
Per gli allevatori le misure introdotte prevedono il dimezzamento dei consumi, mentre un taglio dell’80% è riservato agli agricoltori. Questo significa – rispondono gli agricoltori – che pianteremo l’80% in meno del raccolto rispetto al normale o anche meno, con il rischio di dover chiudere i battenti.
La siccità della Catalogna è il risultato non solo dell’emergenza climatica ma anche della cattiva gestione idrica negli anni da parte dei settori produttivi, ha denunciato Greenpeace Spagna. Secondo il Water Exploitation Index (Wei), la Catalogna ha sovrasfruttato del 31% l’acqua dolce disponibile, arrivando a una domanda attuale che supera l’uso sostenibile delle risorse idriche. A questo si aggiunge che più della metà delle falde acquifere sono inutilizzabili a causa delle contaminazioni prodotte principalmente da un modello agricolo e di allevamento intensivo.