Nel 26% di frutta e verdura vari residui di pesticidi: manca un limite di legge per l’accumulo

tracce di pesticidi

Se stiamo alla lettera della legge c’è motivo di preoccuparsi ma non di allarmarsi.

Nella fotografia che scatta Legambiente con la nuova edizione del dossier “Stop pesticidi nel piatto”, su 5.233 campioni di alimenti analizzati, provenienti sia da agricoltura convenzionale che biologica, emerge una percentuale di irregolarità pari all’1,3%, relativamente modesta. Le cose cambiano già analizzando il dato sui campioni che hanno tracce di pesticidi, anche se nei limiti di legge: il 41,3%.

Poi arriva il problema maggiore. La legge in materia di residui di pesticidi negli alimenti è lacunosa: manca il tetto per l’effetto cocktail, cioè per il totale dei residui di vari tipi di pesticidi che si possono trovare nello stesso alimento. E ben il 26,3% dei campioni rientra nella categoria multiresiduo. Anche se è noto che la presenza di molteplici residui in un unico alimento può generare effetti additivi e sinergici, con potenziali danni per la salute umana, 

Tra gli alimenti più colpiti spicca la frutta, con il 74,1% di campioni contaminati da uno o più residui. Seguono la verdura (34,4%) e i prodotti trasformati (29,6%), con i peperoni (59,5%), seguiti da cereali integrali (57,1%). In un campione di peperoncini si è trovata la presenza di ben 18 residui diversi, mentre in due campioni di pesche sono stati rilevati rispettivamente 13 e 8 residui.

L’uso di insetticidi e fungicidi come Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil e Imazalil resta prevalente, nota Legambiente. Importante sottolineare il caso dell’Imazalil, il cui LMR nel 2019, dopo essere stato classificato come probabile cancerogeno dall’EPA (Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti d’America), è stato abbassato a 0,01 mg/kg nelle banane e a 4 mg/kg per i limoni mentre per le arance e altri agrumi, è rimasto a 5 mg/kg. con l’obbligo di scrivere in etichetta “buccia non edibile”.

Eppure, non mancano segnali incoraggianti. Nel settore dei prodotti trasformati, l’olio extravergine di oliva si distingue con altissime percentuali di campioni privi di residui, a conferma della sua eccellenza e del rigore produttivo che caratterizza questa filiera. Anche il vino mostra un trend in positivo: il 53,1% dei campioni analizzati è risultato privo di residui, segnando un miglioramento rispetto al 48,8% dell’anno precedente. 

Il deterioramento registrato nel comparto della frutta nel 2023 – osserva lo studio – racconta però un’altra storia. Le condizioni climatiche, segnate da piogge abbondanti e temperature miti, hanno favorito la proliferazione di micopatologie, spingendo gli agricoltori convenzionali a un uso massiccio di anticrittogamici per salvare i raccolti.

Altro dato allarmante è quello sui sequestri dei pesticidi illegali. Quasi raddoppiati nel 2023 quelli scoperti in Europa: 2.040 tonnellate di veleni fuorilegge intercettati dall’Europol grazie all’operazione “Silver Axe”, sviluppata in Italia dai carabinieri forestali. Impressionante l’escalation rispetto alla prima operazione fatta nel 2015, quando i sequestri dei pesticidi messi al bando in Europa per la loro pericolosità per la salute erano stati pari a 190 tonnellate. 

“Il quadro che emerge dai dati è preoccupante – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – ma allo stesso tempo rappresenta un’opportunità per riconsiderare il nostro modello agricolo. La mancata adozione sia del Regolamento europeo sull’uso sostenibile dei fitofarmaci (SUR) che di un nuovo Piano di Azione Nazionale (PAN), fermo alla versione del 2014, è un freno inaccettabile per il processo di transizione verso un’agricoltura più sicura e sostenibile. È altresì urgente introdurre una norma che regolamenti il multiresiduo per limitare l’accumulo di più pesticidi in un singolo prodotto alimentare, con il rischio di effetti dannosi per la salute umana”.