World Economic Forum: “La perdita di biodiversità è una delle tre minacce più gravi”

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Appello al mondo della finanza perché si faccia carico di questa emergenza

La tutela della biodiversità entra sempre più spesso nelle agende di leader politici ed economici. E’ lo stesso World Economic Forum, evento annuale che fissa gli obiettivi globali di finanza e politica, a definire i principali rischi che ci aspettano da qui ai prossimi 10 anni.

Nel Report si legge che la perdita della natura, una delle principali cause del declino della biodiversità, ha causato una diminuzione del 69% delle popolazioni di fauna selvatica negli ultimi 50 anni, secondo le stime del Wwf. Senza un’azione urgente, all’attuale tasso di declino, dovremo affrontare conseguenze irreversibili a causa della riduzione e dell’estinzione delle specie, con un impatto negativo sull’ambiente, sull’economia e sull’umanità.

Il Global Risks Report , il documento realizzato dal Forum, non usa mezzi termini: ha classificato la perdita di biodiversità come la terza minaccia più grave che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi 10 anni. E spiega:  “Se il mondo non inizierà a collaborare in modo più efficace per la mitigazione del cambiamento climatico e l’adattamento allo stesso, nei prossimi 10 anni il riscaldamento globale continuerà ad aumentare e si arriverà a un collasso ecologico. L’incapacità di mitigare il cambiamento climatico e di adattarsi ad esso, le catastrofi naturali, la perdita di biodiversità e il degrado ambientale rappresentano cinque dei dieci rischi principali, con la perdita di biodiversità considerata uno dei rischi globali maggiormente in rapido deterioramento nel prossimo decennio”.

A dirlo sono quindi i leader più influenti al mondo: “Senza un cambiamento significativo delle politiche o degli investimenti, questo mix accelererà il collasso dell’ecosistema, minaccerà l’approvvigionamento di generi alimentari, amplificherà l’impatto delle catastrofi naturali e limiterà ulteriori progressi nella mitigazione del cambiamento climatico”. In sostanza, è necessario che anche il mondo della finanza si faccia carico di questa grave emergenza.

Per intervenire immediatamente, il Report indica cinque azioni chiave nell’economia globale che potrebbero avere un forte impatto nel rallentare la perdita di biodiversità. Azioni che – allo stesso tempo – creerebbero un forte stimolo per l’economia e porterebbero alla creazione di più di 100 milioni di posti di lavoro. La prima azione è aumentare la densità delle città, in modo da liberare terre per l’agricoltura e la natura. Dovrebbero inoltre essere stabiliti progetti di gestione della conservazione per proteggere la biodiversità nelle aree che sono state finora risparmiate. Solo questa azione creerebbe un’opportunità da 665 miliardi di dollari, con 3 milioni di posti di lavoro creati entro il 2030.

Una consapevolezza, quella della finanza globale, che arriva tardi ma che rende chiaro quanto sia importante agire presto e in maniera significativa, investendo in politiche aziendali e finanziarie che abbiamo una visione attenta alla salvaguardia dell’ambiente. Poche settimane fa, la segretaria per l’Ambiente del Regno Unito, Thérèse Coffey, ha invitato le imprese e la finanza a investire su modelli che tutelino la conservazione della biodiversità. L’occasione è stato l’evento organizzato alla Lancaster House di Londra per mobilitare investimenti di aziende e finanza. Un appello che arriva dopo  l’accordo storico raggiunto alla Cop15 a Montreal sulla biodiversità. Thérèse Coffey ha sottolineato il ruolo fondamentale del settore privato per raggiungere gli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite entro il 2030. Obiettivi fondamentali per fermare la distruzione degli ecosistemi della Terra.

Non solo il settore privato: è importante che anche le amministrazioni pubbliche abbiano una visione globale che tenga conto della salvaguardia della natura, indirizzando le risorse pubbliche in investimenti e i sostegni a settori cruciali per la tutela dell’ambiente. A tal proposito, la Relazione della Corte dei conti francese sul sostegno delle politiche pubbliche all’agricoltura biologica, dimostra che “lo sviluppo dell’agricoltura biologica è il modo migliore per realizzare una transizione verso un sistema agricolo sostenibile”.

Una conclusione, quella francese, che va nella direzione del sostegno pubblico all’agroecologia. Un settore su cui pubblico e privato possono investire e incentivare il raggiungimento degli obiettivi posti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Uniti. A sostenerlo è anche il recente Report dell’Ifoam : se si raggiungesse l’obiettivo dell’Unione europea del 25% di quota biologica di terreni agricoli entro il 2030, avremmo un aumento complessivo della biodiversità pari al 30% sui terreni coltivati ​​biologici.