La superficie totale destinata all’agricoltura biologica nella Ue continua ad aumentare e nel 2021 ha coperto 15,9 milioni di ettari di terreno agricolo, il 9,9% della superficie agricola utlizzata (Sau). Molto più dei 9,5 milioni di ettari utilizzati per la produzione agricola biologica nel 2012. Ma anche molto meno dell’obiettivo del 25% dei terreni agricoli adibiti all’agricoltura biologica entro il 2030, come fissato dalla Commissione europea nella strategia Farm to Fork.
In questa decina d’anni la superficie utilizzata per l’agricoltura biologica è comunque aumentata in quasi tutti i Paesi dell’Unione. L’area è quasi quadruplicata in Portogallo (+283%) e Croazia (+282%) ed è cresciuta rapidamente anche in Francia (+169%) ed è più che raddoppiata in Ungheria (+125%) e Romania (+101%). Sono i dati certificati da Eurostat, l’ufficio statistico della Ue.
Le quote più elevate di superfici ad agricoltura biologica rispetto alla Sau totale sono in Austria (26% nel 2020), Estonia (23% nel 2021) e Svezia (20% nel 2021). Anche Italia, Finlandia, Cechia, Lettonia, Danimarca, Slovenia, Spagna e Grecia hanno quote superiori al 10%. Al contrario, la quota di agricoltura biologica è inferiore al 5% in sei Paesi dell’Ue, con le quote più basse in Bulgaria (1,7%) e Malta (0,6%).
Se si prende invece in considerazione l’estensione, troviamo in testa la Francia con 2,8 milioni di ettari di superficie utilizzata per la produzione biologica. Seguono la Spagna con 2,6 milioni di ettari bio, l’Italia con 2,2 milioni di ettari e la Germania con 1,6 milioni. Questi quattro Paesi insieme rappresentano quasi i tre quinti della superficie biologica totale Ue: Francia (17,4%), Spagna (16,6%), Italia (13,7%) e Germania (10,1%).
In quasi tutti i Paesi, la stragrande maggioranza delle superfici a coltivazione biologica è certificata. Per Germania e Austria viene riportata solo la superficie biologica totale, senza distinzione tra area “in conversione” e “biologico certificato”. Nel 2021, oltre il 90% delle aree coltivate a biologico è segnalato come certificato in Svezia, Paesi Bassi, Cechia ed Estonia. Altri 18 Paesi hanno quote di “biologico certificato” tra il 70% e il 90% delle loro aree coltivate a biologico.
L’area dei seminativi biologici rappresenta più della metà della superficie agricola biologica totale in 14 Paesi. I seminativi biologici rappresentano la stragrande maggioranza delle aree agricole biologiche di Finlandia (99,1 %), Danimarca (83,1 %) e Polonia (78,6 %). In netto contrasto con la Cechia, l’Irlanda e la Slovenia, dove circa l’80% delle aree agricole biologiche totali sono pascoli e prati biologici.
In tutti i Paesi, le colture permanenti biologiche (frutteti e frutti di bosco, uliveti e vigneti) rappresentano la quota più bassa di uso del suolo nella superficie biologica totale. In 15 Paesi è meno del 5% della superficie biologica totale. Tuttavia, l’area delle colture permanenti biologiche nella superficie biologica totale ha superato il 20% in Italia, Bulgaria e Spagna ed è quasi del 40 % a Cipro e Malta.
Ifoam Organics Europe, la Federazione internazionale dei movimenti per l’agricoltura biologica, ha calcolato gli impatti ambientali del raggiungimento del 25% di terreni agricoli biologici nella Ue entro il 2030, come indicato dalla strategia Farm to Fork. L’analisi mostra che il raggiungimento di quell’obiettivo potrebbe apportare significativi benefici ambientali, in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici, riduzione dell’inquinamento da azoto e dell’uso di pesticidi, nonché miglioramento della biodiversità. L’uso ridotto di fertilizzanti sintetici a base di azoto è in grado di migliorare la qualità dell’acqua e la biodiversità, abbassando al contempo sia il consumo di energia che le emissioni totali di gas serra: -68 milioni di tonnellate di CO2 l’anno.
L’analisi di Ifoam mostra che il raggiungimento dell’obiettivo del 25% di terreni agricoli biologici entro il 2030 potrebbe più che triplicare, rispetto al 2020, la produzione di colture biologiche. Anche se la produzione cerealicola totale calerebbe del 5-10%, si stima che ciò sarebbe più che compensato da una minore domanda di cereali da foraggio dovuta al calo del numero di capi di bestiame. Una riduzione del numero di capi di bestiame sarebbe coerente con una minore domanda di carne e prodotti lattiero-caseari, in particolare tra i consumatori biologici. E un altro elemento di compensazione si può ottenere riducendo lo spreco alimentare.