Pesticidi e consumo di suolo in 20 anni hanno dimezzato rondini e allodole

Rondine

Lipu: per fermare questa strage servono più Green Deal, spazio alla natura e meno chimica

In poco più di 20 anni le popolazioni di uccelli presenti nelle campagne italiane sono diminuite in media del 36%, con punte del 50% nella pianura padana. A lanciare l’allarme è la Lipu che ha appena pubblicato i risultati  2023 dello studio sul Farmland Bird Index, l’indicatore che descrive l’andamento delle popolazioni degli uccelli comuni delle aree agricole.

Sono dati – afferma la Lipu – peggiori degli anni precedenti e confermano la necessità di agire per conciliare le esigenze della produzione agricola con la tutela della biodiversità. Prima responsabile è infatti l’agricoltura intensiva degli ultimi decenni che, secondo i dati Fbi, ha portato al crollo di specie in passato molto presenti, come la rondine (-51%), l’allodola (-54%) o la passera d’Italia (-64%), e alla quasi scomparsa di specie come l’averla piccola (-72%), il saltimpalo (-73%), il torcicollo (-78%), il calandro (-78%),

Il degrado non colpisce soltanto le zone di pianura ma anche gli ambienti collinari, specialmente delle zone del centro e del sud Italia. Qui otto specie su nove (torcicollo, upupa, usignolo, saltimpalo, verdone, cardellino, verzellino e ortolano) stanno vivendo un calo numero consistente a causa della banalizzazione dei paesaggi agricoli e dell’uso di prodotti chimici.

Di fronte a questi dati occorre approvare subito quelle norme europee che possono ridare spazio alla biodiversità prevedendo il ripristino di ambienti andati distrutti (elementi del paesaggio, zone umide di pianura) e un rafforzamento della PAC in difesa dell’ambiente, ripristinando per esempio l’opzione del 4% dei terreni da lasciare incolti, troppo frettolosamente posticipata.

“I dati del nuovo Fbi sono drammatici – spiega Federica Luoni, responsabile Agricoltura della Lipu – con 20 delle 28 specie prese in esame, ossia oltre il 70% del totale delle specie, che hanno indici di popolazione in declino significativo. Si tratta di numeri purtroppo attesi, poiché nessuna delle politiche e delle misure che avevano lo scopo di invertire la tendenza è stata messa in atto”.

Una fotografia drammatica ma che non esclude il cambio di rotta. “Le possibilità di ripresa ci sono”, conclude Luoni, “in particolare in quelle aree agricole dove la produzione è meno intensiva e industriale, e dove la biodiversità ancora è presente. Per questo è importantissimo incentivare le misure naturalistiche dalle quali l’agricoltura non può che trarre beneficio in termini di salute del suolo, presenza di impollinatori, ricchezza dei servizi ecosistemici, qualità del cibo e del paesaggio. Il futuro è questo”.