di Goffredo Galeazzi
I pesticidi vietati in Svizzera a causa dei loro effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente devono continuare a poter essere esportati. Tuttavia, il Consiglio federale propone che ciò sia subordinato al consenso da parte del Paese importatore. E’ questa la posizione di Berna in risposta a una mozione della consigliera nazionale Lisa Mazzone (Verdi/GE) che propone lo stop all’export.
Il governo svizzero, chiedendo di non dare seguito al testo della deputata ecologista, si è detto contrario a un divieto generalizzato di commercializzazione all’estero dei pesticidi proibiti nella Confederazione perché la ritiene una misura sproporzionata. ”La protezione di persone ed ecosistemi può essere garantita con altri provvedimenti che limitano in misura meno incisiva la libertà economica”, si legge nella risposta.
Tuttavia, l’esecutivo elvetico si dichiara disposto a elaborare un’ordinanza che renda necessario il beneplacito preliminare dello Stato importatore per rendere possibile la vendita del prodotto. Una condizione, questa, già applicata a livello europeo per determinate sostanze chimiche interdette o soggette a severe limitazioni all’interno dell’Unione europea.
Il Consiglio federale ricorda anche che le autorità locali sono già oggi informate dell’importazione di prodotti chimici o pesticidi pericolosi e riconosce che possono costituire un pericolo per lavoratori e contadini, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
Nella sua mozione, Mazzone cita in particolare l’atrazina e il paraquat, tra i pesticidi “più tossici al mondo”. L’utilizzo della prima è vietato in Svizzera dal 2007, in quanto può interferire con il sistema riproduttivo e causare numerosi tipi di tumore. L’atrazina del resto è anche conosciuta con l’inquietante soprannome di “uranio dei pesticidi” perché inquina per molti anni la falda freatica. Il paraquat invece è vietato in Svizzera dal 1989 per la sua elevata tossicità acuta: è associato al morbo di Parkinson e può indurre danni irreversibili al genoma.
Secondo la parlamentare, la Svizzera è direttamente responsabile degli oltre 200 mila decessi nei Paesi in via di sviluppo, dove la regolamentazione e i mezzi di controllo sono meno severi, e deve “smettere di applicare due pesi e due misure”.
Intanto però l’iniziativa popolare “Acqua potabile pulita e cibo sano – No alle sovvenzioni per l’impiego di pesticidi e l’uso profilattico di antibiotici” va avanti: sono state raccolte 113.979 firme valide. Lo scopo del testo è tagliare le sovvenzioni dirette agli agricoltori che ricorrono alle sostanze in questione. L’iniziativa prevede che l’agricoltura contribuisca alla sicurezza dell’approvvigionamento in derrate alimentari sane per la popolazione e in acqua potabile. I pagamenti diretti sarebbero condizionati al rispetto della biodiversità; quindi niente uso di pesticidi. Inoltre gli animali in fattoria dovrebbero essere nutriti con foraggio prodotto in loco. I contadini che invece usano antibiotici regolarmente o in modo profilattico si vedrebbero tagliati i pagamenti diretti. Altri aiuti (ricerca, formazione, investimenti), sarebbero sottoposti alle medesime condizioni.
L’iniziativa è sostenuta da diverse organizzazioni ambientaliste, di protezione della natura e degli animali tra cui Greenpeace Svizzera, BirdLife Svizzera, Federazione svizzera di pesca e piscicoltura, l’associazione “Tier-im-Fokus” e Swissveg.
Va anche ricordato che è in corso la raccolta delle firme per una seconda iniziativa in materia chiamata “Per una Svizzera senza pesticidi sintetici”. Il suo testo chiede di vietare l’utilizzo di queste sostanze nell’agricoltura, nella trasformazione dei prodotti agricoli e per la manutenzione del paesaggio.