Il Messico dice no al glifosato. In questi giorni – riferisce l’agenzia Associated Press – il governo messicano ha bloccato l’importazione di 1.000 tonnellate di glifosato, l’ingrediente attivo del Round up, il diserbante più utilizzato al mondo.
Il Dipartimento per l’ambiente di Città del Messico ha infatti dichiarato di aver negato il permesso di importare il glifosato, destinato all’agricoltura, affermando che “il glifosato rappresenta un rischio ambientale elevato, data la presunzione credibile che il suo uso possa causare gravi danni ambientali e danni irreversibili alla salute”.
Il Messico si aggiunge così al lungo elenco di Paesi che si stanno muovendo per bandire il glifosato, sostanza classificata dallo Iarc, (l’International Agency for Research on Cancer collegata all’Oms) come “probabile cancerogena” e oggi al centro delle oltre 42.000 richieste di risarcimento arrivate finora alla Bayer.
Ma non tutti riescono a resistere alle pressioni esercitate dalla Casa Bianca. Poche settimane fa la Thailandia aveva detto che avrebbe bandito dal prossimo 1 dicembre l’utilizzo di glifosato, paraquat e chlorpyrifos. Una decisione che non è piaciuta all’amministrazione Usa che – sostenendo la lobby delle aziende chimiche – ha minacciato Bangkok di ritorsioni commerciali. Il sottosegretario del Dipartimento Usa dell’Agricoltura Ted McKinney ha inviato una lettera al primo ministro Prayuth Chan-Ocha in cui prefigurava il netto calo che avrebbero subito – in caso i divieti fossero effettivamente entrati in vigore – le importazioni statunitensi di soia, grano e altre coltivazioni provenienti dalla Thailandia.
Risultato: il governo di Bangkok ha fatto una parziale marcia indietro, rinviando a giugno 2020 il bando per il paraquat e il chlorpyrifos e fissando limiti d’uso – e non divieti – per quanto riguarda il glifosato.