Il clorpirifos bandito dai campi europei

commissione pesticidi

I teorici dell’agricoltura convenzionale protestano, ma la lotta biologica offre un rimedio più sicuro ed efficace contro gli attacchi dei predatori

di Maria Pia Terrosi


A partire dal 31 gennaio 2020 in Europa non si potrà più utilizzare il clorpirifos e il clorpirifos metile. Il 6 dicembre infatti, con maggioranza qualificata, la Commissione europea ha deciso di non rinnovare le autorizzazioni all’impiego di questi due insetticidi molto utilizzati in Europa soprattutto nella coltivazione di frutta. Ora i Paesi Ue dovranno revocare le autorizzazioni all’uso dei fitofarmaci contenenti queste sostanze e potranno concedere solo un periodo massimo di tre mesi per lo smaltimento delle scorte.

In Italia la decisione europea ha innescato accese polemiche. La scelta fatta dalla maggioranza dei Paesi Ue segue le dichiarazioni dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) secondo cui l’esposizione a questi due insetticidi è dannosa anche a piccole dosi e non risponde ai criteri di tutela della salute. Numerosi studi, infatti, hanno dimostrato che il clorpirifos è un disgregatore endocrino, danneggia il dna, è associato alla comparsa di disordini metabolici, al rischio di sviluppare tumori al seno e ai polmoni e di provocare infertilità maschile. Particolarmente critica è la situazione dei bambini: per loro l’esposizione al clorpirifos, anche a basse dosi, è associata a disturbi dello sviluppo neurologico come aumento del rischio di autismo, perdita della memoria, diminuzione del quoziente intellettivo. Effetti simili anche se meno documentati per il clorpirifos metile che ha una struttura molto simile a quella del clorpirifos.

Molti agricoltori però hanno letto la messa a bando del clorpirifos come la prova di un disinteresse rispetto alla difesa delle loro produzioni. Il riferimento è alla diffusione della cimice asiatica (Halyomorpha halys), un insetto patogeno che sta provocando danni enormi alle coltivazioni ortofrutticole specie nel nord Italia: nella lotta contro questa cimice il clorpirifos metile è presentato dai teorici dell’agricoltura convenzionale come l’unico efficace mezzo di difesa fitosanitaria.

Bando al clorpirifos, non mancano le polemiche

La stessa ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha definito la mancata autorizzazione all’utilizzo del clorpirifos metile un grave errore commesso dall’Unione europea.  “So bene come per i nostri produttori e per l’intera filiera sia importante disporre di efficaci mezzi di difesa fitosanitaria per il controllo dell’emergenza almeno fino a quando non saranno disponibili misure alternative”, ha dichiarato la ministra. “La cimice asiatica è un’emergenza europea, connessa com’è alla crisi climatica, per questo all’Europa chiediamo uno sforzo e siamo già impegnati con i nostri uffici, per negoziare una deroga con Bruxelles”.

Ma è opportuno mettere la difesa della produttività agricola prima della difesa della salute dei cittadini e degli stessi agricoltori? E il clorpirifos può veramente essere considerato la soluzione per sconfiggere la cimice asiatica? L’entità dei danni subiti anche dagli agricoltori che lo utilizzano suggerisce una risposta diversa da quella fornita dai soste nitori dell’agricoltura convenzionale.

L’alternativa? Gli antagonisti naturali

Un’alternativa è utilizzare metodi di lotta biologica, introducendo nell’ambiente antagonisti naturali. Nel caso della cimice asiatica il killer è stato individuato nella vespa samurai, nome scientifico Trissolcus japonicus. Questo insetto, poco più grande di un millimetro, si sviluppa a spese delle cimici deponendo le sue uova all’interno di quelle della cimice, impedendone lo sviluppo. Inoltre la vespa samurai si moltiplica molto più velocemente rispetto alla cimice, nelle nascite c’è una prevalenza del 70% di femmine, ognuna della quale in grado di deporre fino a 70 uova e di parassitizzare fino al 90% delle uova di cimice.

Da più di un anno il Crea, dopo aver richiesto tutte le autorizzazioni del caso, sta allevando la vespa samurai in camera di quarantena, per studiarne le caratteristiche, le potenzialità e per verificarne l’impatto ambientale in caso di lanci controllati dell’insetto, in vista del suo utilizzo nell’ambito di programmi di lotta biologica classica contro la cimice.

Anche se, come ha precisato in un’intervista Pio Federico Roversi, direttore del Crea, “nessuno pensa di eradicare del tutto la cimice asiatica che si è stabilita sul nostro territorio e si è perfettamente adattata. Si tratta di riportare il sistema in equilibrio: ovvero ricondurre le popolazioni a un numero tale da non rappresentare più una seria minaccia per l’agricoltura”.

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