di Giulia Bigioni
Lo sviluppo tecnologico, caratteristico della nostra epoca, se da una parte ci fornisce gli strumenti per soddisfare e affrontare tutte le necessità della vita quotidiana dall’altra ci presenta spesso il conto da pagare in termini di salute. Sembra un paradosso ma l’eccessiva tecnologia non sempre è garanzia a tutela dell’assenza o prevenzione dai rischi di malattia. E questo il caso degli alimenti ultra elaborati o processati dall’inglese processed foods caratteristici della nostra epoca, sono il risultato della lavorazione industriale mirata alla globalizzazione alimentare e all’ottenimento di lunghi tempi di conservazione improponibili per gli alimenti freschi. Ricchi di calorie cosiddette vuote, privi cioè di tutti quegli oligoelementi e nutrienti che sono alla base del valore nutrizionale degli alimenti naturali.
Risultati di uno studio appena pubblicato su Jama, da un gruppo di studiosi dell’Università di Parigi, indicano che il consumo di alimenti processati è associato all’aumentato rischio di sviluppo del diabete di tipo 2. Lo studio prospettico condotto su una popolazione di più di centomila partecipanti, con una età media intorno ai 42 anni, ha messo in evidenza una maggiore incidenza di diabete di tipo 2 nei soggetti che consumavano abitualmente alimenti processati. I dati sull’assunzione alimentare sono stati raccolti utilizzando dei registri dietetici progettati per registrare il consumo abituale dei partecipanti per oltre 3500 diversi alimenti, classificati in base al loro diverso grado di elaborazione. La quantità assoluta di consumo in grammi al giorno è risultata costantemente associata al rischio di diabete di tipo 2.
https://doi.org/10.1001/jamainternmed.2019.5942
Risulta poi di particolare interesse il legame esistente tra la tipologia di consumi e schemi comportamentali, si è visto, ad esempio, che le persone che consumano in misura maggiore questi alimenti, hanno in generale una predisposizione al consumo di diete di qualità inferiore e inoltre tendono ad avere maggiori probabilità di essere obese e inattive.
Nel complesso sebbene questi risultati hanno la necessità di essere confermati in diversi contesti e altre popolazioni, comunque forniscono più che una prova a supporto degli sforzi che le autorità sanitarie pubbliche sostengono per raccomandare il limitato uso di alimenti ultra-processati.
Se la tecnologia è sicuramente benvenuta sul telefonino o nell’assistenza alla guida, lo è forse un po’ meno quando si tratta di alimenti dove lasciamo alla natura con i suoi tempi e i suoi ritmi il compito di garantirci il valore alimentare di quello che portiamo sulle nostre tavole e non solo.