E arrivò la primavera in cui salvare le api

Anche chiusi in casa possiamo firmare la petizione europea per mettere al bando i pesticidi e tutelare la sopravvivenza degli impollinatori. Mammuccini (FederBio): in Italia persi 200mila alveari in 5 anni. Rilanciamo l’articolo apparso sull’inserto green de La Stampa

di MarcoTedeschi


Tra sciami virali, divieti e paure è arrivata la primavera che non conosce restrizioni e zone rosse. E mai come quest’anno se ne sentiva il bisogno. Anche e forse soprattutto della sua forza simbolica. La primavera, la rinascita: i fiori che sbocciano e diventano frutti. Insomma, tutto quello che sappiamo essere il ciclo delle stagioni. E che nonostante tutto, continuano ad avvicendarsi.

E qui c’è il primo intoppo. Perché non tutto quello che diamo per scontato, lo è. Come peraltro ci insegnano questi giorni trasformati in un tortuoso percorso ad ostacoli. Quello sbocciare di fiori, quel nascere di frutti tanto per fare un esempio è intimamente legato alla sopravvivenza delle api. Mai così incerta. Il 78% delle specie di fiori selvatici e l’84% delle specie coltivate nell’Unione Europea – tanto per dare un primo dato di riferimento – dipende del tutto o in parte dagli insetti impollinatori, principalmente dalle api. Eppure, la loro sopravvivenza è fortemente a rischio: un piano inclinato sempre più ripido.

Come ci ha informato l’allarme rilanciato dalla rivista scientifica Biological Conservation che ha fatto il giro del mondo: il tasso di estinzione degli insetti è otto volte più veloce di quello dei mammiferi, uccelli e rettili. Da una trentina d’anni, il tasso annuale è pari al 2,5%: una corsa forsennata che li potrebbe far sparire entro un solo secolo. Impollinatori compresi: in Europa una specie di api su dieci è a rischio estinzione. In Italia, è l’allarme che lancia la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini, “negli ultimi cinque anni abbiamo perso 200mila alveari”.

Ma il killer chi è? Innanzitutto, abbandoniamo il singolare e usiamo il plurale perché quella con cui abbiamo a che fare è una vera e propria banda criminale. C’è un po’ di tutto: cambiamenti climatici, inquinamento, perdita di biodiversità che, cogliete il non troppo sottile filo che lega tutto, è anche tra le cause principali dello spillover, del “salto” del Covid-19 tra animali e uomo. Tornando ai rischi per la sopravvivenza delle api, il principale imputato resta però un modello agricolo che punta sullo sfruttamento intensivo e la chimica di sintesi. I pesticidi possono colpire gli impollinatori in maniera diretta (insetticidi e fungicidi) e indiretta (erbicidi), per questo la riduzione dei pesticidi è “una priorità assoluta”, dice l’Europarlamento.

E proprio all’Europa dobbiamo guardare per rompere un meccanismo oliato alla perfezione e che rischia di avere anche ripercussioni economiche pesantissime: la produzione agricola europea resa possibile grazie agli impollinatori vale 15 miliardi di euro.

Allora il tempo per invertire la rotta è poco e occorre darsi da fare. C’è un modo che ci permette di essere alfieri di questa causa. Comodamente seduti sul divano. Quello che occorre fare è firmare una petizione, anzi per la precisione l’Iniziativa dei Cittadini Europei (Ice) Save  Bees and Farmers! Verso un’agricoltura favorevole alle api per un ambiente sano”. La raccolta firme è promossa anche da Cambia la Terra, il progetto voluto da FederBio e sostenuto da Legambiente, Lipu, Medici per l’ambiente e Wwf. La richiesta è chiara: eliminare completamente i pesticidi di sintesi dai campi entro il 2035 partendo dalle sostanze più pericolose, con un primo step dell’80% al 2030. Ripristinare gli ecosistemi naturali nelle aree agricole affinché l’agricoltura possa diventare una forza motrice per il recupero della biodiversità. Riformare il settore dando priorità all’agricoltura biologica e di piccola scala, diversificata e sostenibile.

L’obiettivo si raggiunge con la raccolta di un milione di firme in almeno sette diversi Paesi dell’Unione. “Le molteplici crisi che stiamo attraversando a livello globale, da quella ambientale e climatica a quella sanitaria, sono facce della stessa medaglia, conseguenza in gran parte del nostro impatto sugli ecosistemi naturali che ci sta portando ad un’emergenza dietro l’altra”, sottolinea ancora Mammuccini. Per questo anche in agricoltura “è urgente puntare al recupero degli ecosistemi e a superare un modello intensivo basato sull’uso dei pesticidi che mettono a rischio la sopravvivenza delle api e di tante altre specie. E’ questa la sfida principale per il futuro, e la recente costituzione di una rete europea dei centri di ricerca per un’agricoltura senza pesticidi è il segno più evidente che innovazione e ricerca per il futuro dell’agricoltura stanno andando in questa direzione”. Vale la pena ricordare che proprio oggi, 20 marzo, parte anche la “Settimana mondiale di azione contro i pesticidi” che tradizionalmente si fa coincidere con la prima settimana di primavera, periodo in cui si assiste all’aumento dell’uso di pesticidi. Insomma, mollati cestini e tramezzini perché quella 2020 passerà come la primavera senza pic nic, si può impiegare il tempo “ritrovato” per firmare la petizione europea, salvare le api e assicurarci che le prossime siano primavere fiorite.

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