Nella zona del basso Garda, in provincia di Mantova, Matteo Cauzzi gestisce, insieme alla sua famiglia, un’azienda agricola di 70 ettari e oltre 270 capi di bestiame, che 5 anni fa si è convertita al regime biologico. Il latte dell’azienda Motella Bassa viene usato per un prodotto molto specifico, il grana padano biologico.
La pandemia ha però portato delle difficoltà notevoli a questo settore, racconta il produttore bio: “Noi non ci muoviamo da casa ma ci sono problemi enormi per l’indotto, soprattutto a livello di trasporti, del latte, delle materie prime, dei mangimi. Ci sono anche difficoltà negli stabilimenti di trasformazione del latte e degli altri prodotti dell’industria casearia”.
Ma la crisi può anche essere una risorsa, terminata la fase peggiore dell’emergenza sanitaria. “Il nostro lavoro diventa fondamentale, forse il consumatore si renderà conto delle priorità, ovvero che dopo la salute l’altra cosa che conta è il cibo”. E il cibo che arriva dall’allevamento biologico è diverso da quello convenzionale. “Chi fa biologico, lo fa perché ci crede, è una scelta etica e consapevole. La qualità è garantita dall’assenza di sostanze chimiche nei terreni, sta poi al consumatore, a seconda delle proprie convinzioni, decidere chi premiare”, continua Cauzzi.
Alle sue spalle, una mandria di mucche che scorrazzano libere in un campo. “Come allevatori biologici abbiamo spazi all’aperto obbligatori”, spiega il referente dell’azienda Motella Bassa. “Noi come azienda abbiamo fatto un passo in più e abbiamo un piccolo bosco di un ettaro circa, con un paddock esterno e altri accessi al pascolo, per gli animali. Noi cerchiamo di farli vivere il più possibile secondo il loro etogramma”.
Ora in diretta con Matteo Cauzzi, dalla #Lombardia, che ci parla della sua azienda agricola di 70 ettari, che alleva bovini e produce latte 🥛 per grana padano #biologico. #RestiamoInCampo pic.twitter.com/5HRjaxdJFn
— Cambia la terra (@cambialaterra) April 7, 2020
Far vivere meglio gli animali, comporta costi più elevati: “Un 60 per cento in più dei costi e un 20 per cento in meno in termini di produzione”. Ma è il prezzo che chi ha scelto di valorizzare il prodotto, il territorio e anche la salute degli animali sa di dover pagare per la qualità.
Nell’ultimo mese, intanto, questa come altre aziende del comparto biologico, hanno purtroppo subito le conseguenze economiche del lockdown, “soprattutto per il calo dei prezzi. Ne usciremo con le ossa un po’ rotte ma dobbiamo avere la capacità di riprenderci. Probabilmente dopo la crisi”, conclude Matteo Cauzzi, “ci sarà una polarizzazione: da una parte chi sceglierà i prodotti più economici e dall’altra chi continuerà a credere nei prodotti biologici. Diventa fondamentale che i consumatori sappiano cosa vogliono in tavola. E servirà soprattutto imparare a comunicare, a divulgare i nostri contenuti, spiegare ad esempio il tema della tracciabilità dei prodotti, informare al meglio i consumatori sui plus della nostra scelta, del nostro modo di lavorare, rispettoso dell’ambiente”.