Rush finale per i decreti tecnici che nascondono il via libera agli Ogm. Mercoledì 13 gennaio dovrebbe infatti arrivare il parere della commissione Agricoltura della Camera sui 4 decreti legislativi proposti dalla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova sull’aggiornamento delle misure fitosanitarie e del sistema sementiero nazionale. In realtà, come denunciano da settimane le associazioni ambientaliste e il mondo del bio, quei decreti molto tecnici aprirebbero la strada alla diffusione degli organismi geneticamente modificati (Ogm) e in particolare dei cosiddetti nuovi Ogm, ottenuti tramite le New Breeding Techniques (Nbt).
“Lo scorso 28 dicembre – scrivono oggi in una nota numerose associazioni ambientaliste e del mondo bio – in sordina e con una seduta a ranghi ridotti per le festività, la commissione Agricoltura del Senato ha espresso parere favorevole sui 4 decreti, che permettono di fatto la sperimentazione in campo non tracciabile di varietà di sementi e materiale di moltiplicazione ottenuti con le “nuove tecniche di miglioramento genetico” (Nbt) che, come ha confermato la sentenza del 2018 della Corte Europea di Giustizia, sono a tutti gli effetti Ogm e come tali devono sottostare alle normative europee esistenti in materia”.
Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, a nome di Cambia la Terra, esprime “sconcerto per quanto già deciso in Senato. Ci auguriamo ora che il pronunciamento della Camera possa invece confermare la posizione storica del nostro paese contro gli Ogm, che fortunatamente l’Italia ha adottato da vent’anni a questa parte. Una diffusione di produzione di Ogm senza regole adeguate avrebbe ricadute pesantissime sul biologico e quindi su tutto il made in Italy”.
Lo avevamo già segnalato su Cambia la Terra lo scorso 9 dicembre. “Si tratta di un passaggio totalmente privo di trasparenza. Il Parlamento e il Governo vogliono discutere della possibilità o meno di far ricorso a tecniche di ricombinazione genetica? Lo facciano apertamente, mettendo le carte in tavola e lasciando alle forze politiche, alle Regioni e ai cittadini la possibilità di essere informati e di discuterne con modalità e tempi adeguati”, aveva dichiarato allora Mammuccini.
In un comunicato stampa del 21 dicembre, numerose realtà bio e ambientaliste rincaravano la dose: “Si vuole aprire la strada a un pericolo ben più grande rappresentato dai nuovi Ogm, che certamente non sono lo strumento utile a difendere tipicità, tradizione e territorialità delle nostre produzioni, ma anzi servono a prolungare l’esistenza di quell’agricoltura a monocoltura intensiva insostenibile e sempre più dipendente dalla chimica che di fatto minaccia sempre di più la biodiversità, l’ambiente, la salute e la sopravvivenza della tradizione agricola italiana. I ‘nuovi’ Ogm sono ancora più insidiosi dei ‘vecchi’, in quanto con le nuove tecniche di ingegneria genetica si può modificare di fatto la grande maggioranza di specie di interesse agrario quali le ortive come il pomodoro, i fruttiferi come il melo o la vite e quelle di interesse forestale. La presenza dei nuovi Ogm in pieno campo sarebbe devastante non solo per la biodiversità, ma anche economicamente”.
Già perché, oltre all’aspetto etico ed ambientale, il problema sarebbero anche le conseguenze economiche di una diffusione degli Ogm, quali che siano. Le associazioni chiedevano infatti già prima del voto al Senato: “Quale sarà la sorte della crescente produzione biologica, che in Italia vale oltre 4,3 miliardi di euro o dei prodotti a marchio Dop, Igp, Stg, che valgono oltre 16 miliardi di euro, tutti rigorosamente Ogm free?”.