Finalmente il Senato ha approvato la legge sul biologico: adesso dovrà ripassare alla Camera per l’ultimo voto dopo le modifiche, ma possiamo considerarla avviata all’approvazione finale e rapida. È una legge che aspettavamo da anni, che è destinata a riconoscere l’importanza del settore ma anche a migliorarlo e a fargli fare decisi passi in avanti. Paradossalmente, il grande ritardo nell’approvazione alla fine ha favorito un testo che si ricollega ad altri importanti strumenti di governance: penso alla Strategia Farm to Fork, approvata un anno fa in pieno lockdown continentale, che tra le altre cose destina al biologico il 25% della superficie agricola europea, con un bel salto in avanti rispetto alla media attuale dell’8%, e al recentissimo Piano d’azione europeo per il biologico che individua strumenti per raggiungere questo obiettivo, sia in termini di crescita della produzione agricola da parte degli agricoltori, che della domanda di cibo bio da parte dei cittadini. È un balzo che in realtà favorisce proprio il biologico italiano, che si trova oggi in pole position per raggiungere gli obiettivi indicati dall’Europa. È il frutto dell’impegno di tanti agricoltori, spesso giovani, delle imprese dell’intera filiera, dei territori e dei sistemi locali, delle associazioni del bio, che hanno lavorato per anni con convinzione, per lo sviluppo di un’agricoltura sana per la salute dell’uomo e della terra, portando ad un aumento di quasi l’80% della superficie destinata al bio in soli 10 anni. Impegno sostenuto dalle scelte dei cittadini che hanno aumentato sensibilmente la domanda di cibo bio, raddoppiando le vendite, sempre negli ultimi 10 anni.
Ma la legge mancava. E mancava per molti motivi. Primo di tutto perché pone una forte attenzione alla nostra produzione: il biologico italiano ha una marcia in più, e nel testo licenziato dal Senato viene confermata la creazione e valorizzazione di un marchio del bio made in Italy. Siamo i primi in Europa e forse nel mondo a farlo. Poi ci sono i distretti, perché il bio non è solo una maniera di produrre, è una maniera per tutelare le risorse ambientali e creare nuove relazioni sociali che valorizzino il territorio e la comunità locale. I biodistretti potranno valorizzare la produzione pulita, rafforzare la possibilità di ‘fare squadra’ tra agricoltori e cittadini, creare distretti produttivi di scala locale e anche la possibilità di gestire in maniera innovativa la tutela dalle contaminazioni accidentali da pesticidi, per le quali, nei distretti bio, dovrà essere il convenzionale a dover adottare le pratiche necessarie per la tutela delle produzioni bio. Nella legge ci sono anche i dettami per la ricerca verso l’agroecologia, di cui il biologico ha assoluta necessità, per capire ancora meglio come sostenere una produzione che non viene ‘forzata’ con la chimica di sintesi e impone agli agricoltori biologici e alle imprese della filiera di trovare soluzioni innovative per rispondere a tutte le attese del mercato nazionale e internazionale, offrendo soluzioni utili anche per il resto dell’agricoltura. Infine la legge prevede il Piano di azione nazionale che fa il paio con quello impostato a livello europeo, un pezzo importante della visione strategica da qui a 10 anni: sarà l’occasione per impostare una strategia ed una programmazione nazionale collegata al Piano Strategico Nazionale della PAC, che individui obiettivi ambiziosi di crescita del biologico e gli strumenti necessari per raggiungerli, sia in termini di supporto agli agricoltori per l’aumento della produzione, sia per la diffusione di una corretta informazione ai cittadini per favorire l’aumento della domanda di prodotti bio. Il biologico italiano è già tra i migliori d’Europa, la superficie coltivata a bio da noi è il doppio della media europea, visto che siamo al 16%. Quella della legge è un’occasione per spingere un’eccellenza che ci ha aiutato a diffondere un modello agricolo che, oltre a contrastare la crisi climatica e a frenare la perdita di biodiversità, consente un maggior reddito per gli agricoltori e una maggiore incidenza del lavoro, cose di cui c’è assolutamente bisogno in questa fase di “ripresa e resilienza”.
Di questo dobbiamo quindi ringraziare il Senato, che dopo la Camera, ha votato all’unanimità a favore, meno un voto contrario e un astenuto. Diciamo che il biologico ha messo d’accordo tutte le parti politiche: in una fase delicata come questa: a me pare il riconoscimento che l’agricoltura può tornare a essere una forza trainante del Paese, puntando a un’innovazione in grado di connettere sempre di più i sistemi agricoli con le nuove esigenze che emergono dai cittadini, creando spazi occupazionali soprattutto per giovani e donne che vogliano lavorare in agricoltura.
Certo, come è noto, tutte le rose hanno delle spine. Di fronte a questo successo del sistema Paese si è trovato il tempo di attivare una polemica sul biodinamico che falsifica, tra l’altro, i dati di realtà. Non c’è nessuno scandalo nel fatto che il biodinamico rientri a pieno titolo nel biologico. L’agricoltura biodinamica non solo rispetta i principi fondanti del bio, utilizzando da sempre prodotti di origine naturale per curare i campi e curare il suolo, ma – con l’obiettivo del ciclo chiuso per la presenza di animali in azienda e con almeno il 10% di superficie agricola destinata alla biodiversità – rappresenta una delle punte più avanzate del sistema del bio. È per questo che la biodinamica è inserita nei Regolamenti europei in materia di agricoltura biologica fin dal 1991 e la norma nazionale non fa altro che prenderne atto. Non c’è nessuno scandalo, perché la legge ha deciso anche di guardare in avanti, prevedendo che, oltre al biodinamico, siano equiparati al biologico anche nuove metodi basati su specifici disciplinari che si stanno ormai diffondendo, come ad esempio la permacoltura, l’agricoltura rigenerativa e altre ancora, purchè rispettino le disposizioni dei regolamenti dell’Unione europea e delle norme nazionali in materia di agricoltura biologica. Il Parlamento ha voluto, giustamente, dare spazio a forze giovani, che già stanno portando avanti sul territorio, oltre alla biodinamica anche queste esperienze e pratiche innovative. E su molti di questi ambiti, la ricerca scientifica si sta già muovendo. Abbiamo visto in questi giorni, e in passato, avanzare dei diktat, mettere dei limiti in nome di Galileo. La verità è un’altra. Il Paese si muove, lo scandalo sarebbe bloccarlo.