Ancora una volta l’Europa sembra essere vittima di sindrome bipolare. Dopo aver sostenuto l’impegno di Farm to Fork di rivedere le tolleranze relative ai residui di pesticidi contenuti nei cibi importati dai Paesi extracomunitari, il Consiglio europeo si sta allontanando dalla parola data.
La denuncia viene dall’organizzazione Pesticide Action Network (Pan), che in una lettera aperta mette in luce come sebbene la Commissione europea si sia impegnata a una politica di tolleranza zero sui residui di pesticidi nei cibi importati, il Consiglio di fatto non si sta muovendo in questa direzione.
Una situazione paradossale che penalizza gli agricoltori europei tenuti – giustamente – al rispetto di standard sanitari e ambientali più avanzati e danneggia i consumatori europei che si trovano a contatto con pesticidi vietati nel nostro continente. In un’indagine svolta nel 2020, il Pan ha trovato residui di 74 pesticidi il cui utilizzo è bandito nelle Ue in 5.811 campioni di alimenti importati.
“In un mondo globalizzato, l’impegno per garantire alimenti sani deve superare i confini nazionali ed europei per estendersi a tutte le produzioni che entrano nei nostri mercati”, ha dichiarato Andrea Michele Tiso, presidente nazionale Confeuro. “L’Unione europea dispone della forza e dell’autorevolezza necessarie per imporre precisi standard qualitativi ai grandi distributori che operano nei nostri mercati importando alimenti nel Vecchio continente. La scelta di non agire è quindi prettamente politica e si pone in aperto contrasto con la dichiarata volontà di riformare l’agricoltura europea per favorire una transizione verde”.
Il comportamento del Consiglio stupisce ancor più in quanto nessuno Stato membro si era finora opposto alla revisione delle tolleranze all’importazione durante le discussioni del Consiglio. E alcuni Paesi – come Austria, Danimarca, Francia, Paesi Bassi e Svezia – avevano apertamente sostenuto questo approccio.
I dati diffusi da Pan sono confermati da uno studio di Coldiretti – condotto sulla base dell’ultimo rapporto Efsa – che denuncia come i cibi e le bevande importate siano sei volte più pericolosi di quelli made in Italy. La percentuale di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari è risultata pari al 5,6% rispetto alla media Ue dell’1,3% e ad appena lo 0,9% dell’Italia.