Un ulteriore tentativo di sdoganare gli Ogm, un altro attacco al principio di precauzione e all’agricoltura. Questa volta, a sorpresa, viene dal Movimento 5 Stelle che in questi giorni ha presentato alla Commissione agricoltura della Camera una nuova proposta di legge sulle Tecniche di evoluzione assistita (Tea) che non sono altro che le New Breeding Techinques (Nbt). In pratica parliamo dei nuovi Ogm che la corte di Giustizia europea con una sentenza esecutiva del 2018 ha equiparato a quelli tradizionali.
I cinque deputati del Movimento 5 Stelle firmatari della proposta chiedono di accelerare le procedure per l’emissione in pieno campo di varietà vegetali ottenute in laboratorio con tecniche di modificazione del genoma (genome editing). Una scelta bocciata dalle associazioni dell’agricoltura biologica, contadine, ambientaliste e della società civile (da Legambiente a Wwf, da Federbio a Slow Food, da Greenpeace a Isde, da Aiab a Lipu), che hanno chiesto il ritiro della proposta.
La maggior parte degli argomenti che i deputati portano a sostegno della necessità di deregolamentare i nuovi Ogm – affermano le associazioni – coincidono con le tesi dei grandi sentieri, l’International Seed Federation. Equiparano le manipolazioni di laboratorio e le mutazioni spontanee che avvengono in natura. Senza tener conto delle enormi differenze – concettuali e pratiche – che esistono tra questi due approcci.
Una seconda argomentazione dei sostenitori dei nuovi Ogm è che sono utili perché più resistenti e quindi in grado di sopportare i cambiamenti climatici. Ma al contrario numerosi studi sostengono che l’editing genomico, volto tra le altre cose ad introdurre geni di resistenza ad alcune patologie delle piante, porterebbe in breve tempo alla perdita di tali caratteristiche, rendendo inutile la loro introduzione forzata attraverso la manipolazione in laboratorio.
I possibili vantaggi appaiono dunque inesistenti o precari, mentre preoccupanti sono gli effetti collaterali di queste biotecnologie: mutazioni non previste e riarrangiamenti non desiderati di Dna non sono l’eccezione, ma la regola del genome editing. Il problema, denunciato da più parti, è che gli effetti fuori bersaglio non vengono studiati né cercati con rigore scientifico per la fretta di brevettare i prodotti e i processi di creazione di questi nuovi Ogm.
In realtà – scrivono le associazioni – ci troviamo di fronte a una politica che risponde alle pressioni dell’agroindustria, accettando una scienza che rinuncia al rigore e al metodo, saltando passaggi doverosi. Il tutto per aprire all’industria nuovi spazi di profitto.
L’unico risultato, secondo le associazioni, è quello di rafforzare l’attuale paradigma fondato sull’agricoltura estrattiva e intensiva. Necessita di input chimici in quantità crescente e produce un pesante impatto sia sulla salute umana che sull’ambiente. Tutto il contrario di quello che impegni internazionali e, soprattutto, sempre più cittadini in tutto il mondo chiedono: un’agricoltura realmente sostenibile, che tuteli la biodiversità e le risorse, che fornisca cibo sano e di qualità.