La crisi ucraina ha rimesso il cibo al centro dell’attenzione. Molti ne parlano, ma pochi sottolineano il punto centrale della vicenda: per produrre alimenti ci vuole un suolo sano, fertile. Il che a livello globale è un fatto sempre meno comune. Secondo la Global Soil Partnership della Fao, il 33% del suolo terrestre è già degradato, percentuale che potrebbe salire al 90% entro il 2050.
Per questo è nata la Compagnia del suolo, la campagna di comunicazione e sensibilizzazione sulla salute dei suoli che abbiamo costruito con i partner di Cambia la Terra: FederBio, Legambiente, Lipu, Slow Food, Wwf. Abbiamo ricevuto il patrocinio dell’Ispra e il Crea ha concesso alcuni dei suoi campi sperimentali per i prelievi. Un gruppo di tre giovani attivisti, supportato da un team di agronomi, ha battuto per mesi l’Italia per analizzare 12 suoli agricoli convenzionali comparandoli con altrettanti terreni biologici contigui e adibiti alle stesse colture, in un monitoraggio a carattere dimostrativo.
Ora sono arrivati i risultati: nei campi convenzionali sono state ritrovate ben 20 sostanze chimiche di sintesi tra insetticidi, erbicidi e fungicidi. La sostanza più rilevata è il glifosato rilevato in 6 campi convenzionali su 12. A seguire l’AMPA, un acido che deriva dalla degradazione del glifosato. Si tratta dell’erbicida più usato al mondo, che ha effetti sulla salute degli ecosistemi e su quella umana, e che è rientrato nella lista delle sostanze ‘probabilmente cancerogene’ dello Iarc di Lione (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro).
Delle altre 18 sostanze chimiche di sintesi ritrovate, ben 5 risultano revocate da anni: due, il famigerato DDT e il suo metabolita DDE (sostanza che proviene dal degrado della molecola originaria), resistono in un campo presumibilmente da 44 anni, in quantità non trascurabili. Le altre (permetrina e imidacloprid), vietate rispettivamente nel 2001 e nel 2018, sono state ritrovate in un campo di pomodori; l’ultima (oxodiazon) revocata nel 2021, in un pereto.
Per quanto riguarda i campi biologici, le sostanze di sintesi rilevate sono solo tre, tra cui un insetticida contro le zanzare, probabilmente proveniente dalle abitazioni vicine, e, in uno stesso, campo DDT e DDE. Si tratta con ogni evidenza di contaminazioni accidentali da cui il bio cerca da sempre di difendersi.
Abbiamo presentato questi numeri e la storia che raccontano al convegno “La tutela del suolo passa da un’agricoltura pulita”, all’Orto botanico di Roma. Un appuntamento che ha dato l’idea dello schieramento che si sta creando attorno alla difesa di un’agricoltura rispettosa dell’ambiente in un momento in cui a causa di vari fattori – dall’aggravarsi della crisi climatica alla guerra in Ucraina – la questione alimentare è tornata al centro dell’attenzione.
Ci sono stati gli interventi della presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini, del docente di Agronomia della Scuola Sant’Anna di Pisa, Paolo Bàrberi, del ricercatore Ispra Lorenzo Ciccarese, del coordinatore del Comitato tecnico di FederBio Daniele Fichera, del direttore dell’Orto Botanico Fabio Attorre, dell’assessora all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei rifiuti di Roma SabrinaAlfonsi e dei rappresentanti delle associazioni partner del progetto.
“I risultati del monitoraggio dimostrativo evidenziano che i dati relativi ai campi coltivati con il metodo biologico sono decisamente migliori rispetto a quelli coltivati in convenzionale a conferma che il bio è un metodo di produzione che favorisce la tutela del suolo e della biodiversità”, ha commentato Maria Grazia Mammuccini. “Le quantità di residui chimici di sintesi nei campi convenzionali è un dato di fatto. Ma abbiamo rilevato che, in alcune coltivazioni ‘di punta’, all’interno di aree vocate, anche nel convenzionale l’uso è molto limitato. In due situazioni, un oliveto in Puglia e un campo di frumento in Basilicata, le sostanze di sintesi erano addirittura assenti. Questo risultato ci incoraggia a pensare che il biologico stia cominciando a rappresentare un modello di riferimento per l’agricoltura in generale, un risultato importante delle politiche, soprattutto europee, per lo sviluppo dell’agroecologia. La crisi internazionale e la mancanza di materie prime rimettono al centro il ruolo fondamentale dell’agricoltura. Tutelare e monitorare la salute dei suoli è un investimento necessario per supportare l’intero sistema agricolo”.
“Il sistema di controlli ambientali e sanitari monitora la presenza di pesticidi negli alimenti e nell’acqua”, ha ricordato Paolo Bàrberi, della Scuola Sant’Anna di Pisa. Nel suolo, primo organo recettore delle sostanze chimiche di sintesi utilizzate nell’agricoltura convenzionale, la presenza di molecole potenzialmente dannose per l’ambiente non viene invece rilevata sistematicamente. Così facendo, ignoriamo quali siano i loro effetti sulla miriade di organismi che popolano il suolo e sulle funzioni ecologiche che essi svolgono. È necessario che si dia inizio a un monitoraggio continuo dei residui della chimica di sintesi nel suolo, con il supporto delle istituzioni di ricerca. E che la nostra priorità sia l’eliminazione dei pesticidi con una persistenza ambientale molto lunga”.
Una richiesta che discende anche dalle analisi effettuate in aziende agricole nella Pianura Padana. In un campo biologico e in uno convenzionale sono state infatti rilevate tracce di DDT e del suo metabolita DDE: si tratta in tutti e due i casi di una pesante eredità del passato, visto che l’insetticida è proibito in Italia dal 1978.
“Il suolo sano e ricco di biodiversità offre riparo a vertebrati, invertebrati, virus, batteri, funghi, licheni e piante che forniscono una moltitudine di funzioni e servizi ecosistemici a beneficio di tutti e di tutto”, ha aggiunto Lorenzo Ciccarese, esperto Ispra. “I suoli ospitano oltre il 25% della biodiversità del nostro pianeta. Più del 40% degli organismi viventi negli ecosistemi terrestri sono associati direttamente con i suoli, nel corso del loro ciclo di vita. Questa comunità diversificata di organismi viventi mantiene i suoli sani e fertili, regola molti processi biologici, chimici e fisici che portano alla produzione di alimenti e fibre o purifica il suolo e l’acqua. Il rischio è che i pesticidi danneggino la biodiversità contenuta nel suolo. In un grammo (una quantità contenuta in un solo cucchiaio) di terreno fertile ci sono fino a un miliardo di cellule batteriche, 200 metri di ife fungine, e una vasta gamma di organismi animali, come nematodi, vermi, insetti, che lo rendono vivo e fertile”.
Capitolo a parte riguarda il rame, un fungicida che gli agricoltori usano da secoli e che è consentito anche nel biologico. Le analisi ne hanno evidenziato la presenza in tutti i 24 campi analizzati. In quasi la metà dei casi, 5 su 12, ce n’era una quantità significativamente maggiore nelle aziende convenzionali. In 4 casi su 12 c’è una equivalenza tra bio e convenzionale e solo in 3 casi su 12 il rame nei campi biologici prevale significativamente sull’analogo convenzionale.