Da oggi l’Italia è in debito. Non il debito economico, che certo è un problema centrale ma che potrebbe essere sanato con politiche adeguate. Siamo in debito con gli ecosistemi, che s’indeboliscono producendo danni in buona parte irreversibili. Il 15 maggio è il nostro Overshoot Day, il giorno in cui abbiamo consumato tutte le risorse rinnovabili.
Lo ha comunicato il Global Footprint Network, l’organizzazione di ricerca internazionale che misura l’impronta ecologica dei Paesi, cioè la domanda di risorse rispetto alla loro capacità di rigenerarsi. L’umanità sta usando la natura 1,75 volte più velocemente di quanto la biocapacità del nostro pianeta lo consenta. Se volessimo continuare a produrre e consumare al ritmo attuale dovremmo avere a disposizione un’altra Terra, ma non ce l’abbiamo. Quindi dobbiamo cambiare noi imparando, o reimparando, a gestire il suolo in maniera diversa, più rispettosa degli equilibri senza i quali la nostra sopravvivenza è a rischio.
Oltretutto se la media globale è di un consumo pari a 1,75 volte la capacità di rigenerazione delle risorse, in Italia stiamo peggio. Tanto che l’Overshoot Day globale l’anno scorso è arrivato il 29 luglio, mentre nel nostro Paese l’equilibrio si spezza molto prima. Nel 2021 l’Overshoot Day italiano è stato il 13 maggio. Quest’anno c’è stato uno slittamento di due giorni, dunque solo un miglioramento estremamente modesto.
Non è un allarme che si può trascurare. Anche perché l’impronta ecologica è tra gli indicatori più completi ad oggi disponibili per la contabilità delle risorse biologiche. Somma tutte le richieste per le aree biologicamente produttive: cibo, legname, fibre, infrastrutture. Le emissioni di carbonio derivanti dai combustibili fossili costituiscono al 61% dell’Impronta ecologica dell’umanità.
La battaglia per il riequilibrio del nostro rapporto con la natura non si può vincere senza un cambiamento radicale nel settore che, non a caso, si chiama primario: l’agricoltura. Per millenni questa attività è stata gestita in ragionevole equilibrio con gli ecosistemi: ci sono stati errori che hanno portato a scompensi anche drammatici, ma sempre a carattere locale.
L’industrializzazione spinta dei campi, cominciata sostanzialmente dopo la seconda guerra mondiale, ha cambiato la situazione in modo radicale. La quantità di sostanze di chimica di sintesi immesse nei terreni ha prodotto un inquinamento che ha avuto effetti drammatici sulla biodiversità. Il silenzio delle campagne prive di vita, registrato da Rachel Carson con il suo libro più famoso – Primavera silenziosa, uscito nel 1962 – è stato il primo allarme sulla mutazione in atto.
Il sovvertimento delle pratiche dell’agrobiologia mirate alla difesa dell’equilibrio chimico e biologico del suolo, il dominio dell’agricoltura e dell’allevamento intensivi, l’overdose chimica, l’aumento dell’uso di combustibili fossili hanno trasformato l’agricoltura in un fattore di rischio e il sistema di produzione e consumo del cibo è diventato nel suo complesso responsabile di un terzo delle emissioni serra.
Dunque è da qui che occorre partire per ritrovare l’armonia con gli ecosistemi che è indispensabile per la nostra sopravvivenza. La campagna per la difesa del suolo di cui Cambia la Terra è protagonista è un passo importante per aiutarci a ritrovare l’equilibrio con la natura.
Ognuno deve fare la sua parte. E il mondo agricolo non può ignorare la sfida che pone l’Overshoot Day. La risposta è quella indicata dall’Unione Europea con le strategie Farm to Fork e Biodiversità. L’agricoltura può trasformarsi da corresponsabile della crisi climatica in alleata del risanamento dell’atmosfera. I campi, se trattati con le pratiche dell’agrobiologia, possono tornare ad assorbire il carbonio che sta minando l’equilibrio dell’atmosfera. Ma dobbiamo usare al meglio la grande quantità di risorse economiche l’Europa ha messo sul piatto con la nuova Pac. Non si può lamentarsi per il consumo eccessivo di risorse e continuare con finanziamenti a pioggia a beneficio dell’agricoltura intensiva ad alto impatto ambientale.