L’utilizzo di sostanze di origine naturale, con il divieto di impiego di prodotti di sintesi chimica rappresenta un principio distintivo essenziale della produzione biologica ed è uno degli elementi chiave per la transizione ecologica dei sistemi agricoli e alimentari. Per tanti anni l’uso della chimica di sintesi è apparso come un aiuto fondamentale per gli agricoltori; oggi le evidenze scientifiche ci dicono che non è così e sono numerosi gli studi che dimostrano come diserbanti e pesticidi di sintesi chimica siano molto dannosi per la salute umana, per l’ambiente e per la biodiversità.
Il quantitativo totale dei pesticidi accumulati nel suolo, nell’acqua e addirittura nell’atmosfera aumenta costantemente perché si tratta, in gran parte, di sostanze che non si degradano. Secondo il “Global Assessment on soil pollution” (Fao e Unep, 2021) “l’analisi dei suoli agricoli in Europa ha dimostrato che l’80% contiene residui di pesticidi, con il 58% che presenta una mistura di varie sostanze”.
A livello nazionale i rapporti Ispra sulla qualità delle acque che sono stati realizzati nell’ultimo decennio fanno emergere una crescita consistente dei punti di campionamento che risultano inquinati sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee: dal 2012 al 2018 i siti contaminati sono aumentati del 35% nelle acque superficiali e del 14% in quelle sotterranee. D’altra parte, la stessa relazione della Corte dei conti europea rileva come i progressi nella misurazione e nella riduzione dei rischi derivanti dall’uso dei pesticidi nell’Ue sono stati limitati.
Diversi Stati membri hanno recepito in ritardo la direttiva sull’uso sostenibile dei pesticidi, mentre gli agricoltori non sono stati adeguatamente incentivati ad adottare metodi alternativi considerato che non c’è collegamento efficace tra l’obiettivo di ridurre in maniera concreta e misurabile l’uso dei pesticidi e i pagamenti a titolo della PAC. E nessuno verifica la reale consistenza del fenomeno pesticidi: mancano sistemi di monitoraggio appropriati relativi all’effettiva riduzione dell’uso dei pesticidi nel territorio dell’Ue.
Anche a livello nazionale, se andiamo ad analizzare quale è stata la destinazione delle risorse nel periodo di programmazione 2014-2020 dobbiamo registrare che il 9,5% dei fondi dei Piani di Sviluppo Rurale regionali (PSR) è stato destinato alla Misura 11 (finalizzata alla conversione e al mantenimento dell’agricoltura biologica) con un investimento pari a 1,7 miliardi di euro, mentre alla Misura 10 relativa ai “pagamenti agro climatico ambientali” è andato il 13% delle risorse, cioè 2,47 miliardi di euro. In quest’ultima misura non rientra l’agricoltura biologica, ma pratiche colturali – come l’agricoltura integrata e conservativa – che continuano a fare uso di pesticidi e fertilizzanti di sintesi a partire dal glifosato.
L’Europa con le strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 ha adottato una svolta strategica, investendo sulla transizione ecologica dell’agricoltura e puntando a triplicare entro il 2030 le superfici coltivate a biologico e a ridurre del 50% l’uso di pesticidi. Raggiungere questi obiettivi costituisce una sfida di grande rilevanza che significa introdurre pratiche agroecologiche già utilizzate nel biologico anche per il resto dell’agricoltura.
Il Piano Strategico Nazionale della PAC non ha assunto pienamente la svolta necessaria per raggiungere tutti gli obiettivi della Farm to Fork; tuttavia, ha adottato una scelta strategica a favore del biologico con l’obiettivo di raggiungere il 25% di superficie agricola coltivata a bio al 2027. Per tale obiettivo ha inserito un aumento considerevole di risorse destinate alla conversione e al mantenimento del biologico, trasferite dal Ministero dal primo pilastro allo sviluppo rurale e con la possibilità per le aziende biologiche di accedere agli ecoschemi previsti nel primo pilastro. Una scelta di questa natura può costituire un passo decisivo per la riduzione di pesticidi di sintesi chimica non solo per la maggior diffusione dell’agricoltura biologica, ma anche per il trasferimento di pratiche innovative agroecologiche al resto dell’agricoltura.
Un contributo determinante sarà la proposta della Commissione di nuovo regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi che può rappresentare uno strumento chiave per raggiungere gli obiettivi della strategia Farm to Fork, quali la riduzione del 50% dell’uso di pesticidi chimici e la riduzione del 50% dell’uso di pesticidi più pericolosi entro il 2030. La proposta di regolamento in discussione a livello europeo riconosce in termini decisi il ruolo dell’agricoltura biologica nella riduzione dei pesticidi indicandola come priorità nei piani d’azione nazionali. Ridurre al minimo la dipendenza dagli input esterni è al centro dell’approccio del biologico alla salute delle piante, che si basa principalmente su misure preventive e indirette all’interno dell’agroecosistema.
Quando necessario, possono essere utilizzati input esterni come i prodotti fitosanitari, ma solo se si tratta di “sostanze naturali o di derivazione naturale”. I fitofarmaci a base di sostanze naturali rappresentano quindi una parte limitata ma essenziale, soprattutto per le colture specializzate come frutta, vite, ortaggi. Le sostanze autorizzate sono selezionate sulla base di un rigoroso insieme di criteri, con l’obiettivo di escludere qualsiasi input che possa causare problemi legati alla tossicità ambientale, umana e animale. L’impatto complessivo dell’agricoltura biologica sull’ambiente è quindi estremamente limitato.
Investire in ricerca innovazione e formazione per l’agroecologia verso tecniche colturali che escludano o riducano drasticamente la necessità d’uso dei pesticidi con progetti finalizzati al trasferimento d’innovazione e alla diffusione di approcci agroecologici sarà fondamentale per il futuro, così come l’incentivazione all’utilizzo di prodotti e tecniche di biocontrollo all’interno delle aziende agricole legato a specifiche attività di formazione. Decisivo a tale proposito è aumentare le alternative disponibili per il biocontrollo puntando ad un processo di registrazione dedicato per le sostanze naturali.
Occorre infatti una maggiore coerenza tra gli obiettivi della proposta di nuovo regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi (SUR) e il processo di autorizzazione dell’Ue per le sostanze attive (Reg. 1107/2009), che deve essere adattato alle sostanze naturali, le uniche ammesse in agricoltura biologica. Per raggiungere gli obiettivi della proposta di nuovo regolamento è fondamentale aumentare la disponibilità di alternative ai pesticidi di sintesi, come sostanze di base o prodotti fitosanitari a base di sostanze presenti in natura. Tuttavia, poiché l’attuale processo di approvazione dell’Ue per le sostanze attive non è adattato alle sostanze naturali, questo impedisce un aumento della disponibilità di alternative ai pesticidi sintetici.
Per le sostanze naturali occorre stabilire una categoria a sé stante all’interno del regolamento, come presupposto legale per un processo di autorizzazione dedicato, che tenga conto delle loro caratteristiche specifiche. Anche le sostanze naturali devono essere sottoposte a una rigorosa valutazione del rischio per assicurarsi che siano autorizzate solo quelle che sono sicure per la salute umana e l’ambiente. La valutazione del rischio delle sostanze naturali deve però essere adattata alle caratteristiche specifiche, in particolare alla loro precedente esistenza nell’ambiente naturale, alla complessità e variabilità della loro composizione e al loro più ampio raggio d’azione.
Molti sono gli attacchi volti a indebolire la proposta per un regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e a ritardarne l’adozione, ma questo atto legislativo è invece necessario e urgente per raggiungere gli obiettivi delle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 e rendere concreto il processo di transizione ecologica in agricoltura. La modifica della direttiva sull’uso sostenibile dei pesticidi e le scelte conseguenti all’interno della PAC sono quindi essenziali per intraprendere un nuovo percorso. Il suo miglioramento infatti potrà permettere non solo l’ampliamento di pratiche già assodate nelle coltivazioni biologiche, ma anche la possibilità di intraprendere studi e ricerche indipendenti per valutare gli effetti dei pesticidi sulla salute dei cittadini e sull’ambiente anche in relazione all’aspetto del multiresiduo fino ad ora non adeguatamente indagato. Servono infine limiti più stringenti e sistemi di monitoraggio efficaci per verificare l’effettiva presenza di pesticidi nelle acque, nel suolo e nel cibo, attivando anche un sistema di controllo sulla presenza dei pesticidi nel corpo umano, a partire dagli agricoltori e dalle loro famiglie che sono tra i soggetti più esposti.