Il crollo dell’uso di fertilizzanti, con la cascata di vantaggi ambientali ed economici connessi, è uno degli effetti positivi che la strategia Farm to Fork innescherà nell’Unione Europea. Un elemento a cui l’impennata dei prezzi dei fertilizzanti collegata alla guerra in Ucraina dà particolare rilievo. L’altro elemento chiave è la riduzione dei gas serra. I dati sono contenuti nel report, Environmental impacts of achieving the EU’s 25% organic land by 2030 target: a preliminary assessmen che l’Ifoam (International Federation of Organic Agriculture Movements) ha da poco pubblicato.
Lo studio dimostra come il raggiungimento dell’obiettivo Farm to Fork del 25% di terreni agricoli biologici nell’UE entro il 2030 porterà significativi benefici ambientali in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici, riduzione dell’inquinamento da azoto e dell’uso di pesticidi, nonché miglioramento della biodiversità. In particolare si arriverebbe a un – 18,6% dell’effettivo utilizzo di fertilizzanti nell’Ue, rispetto al 2020, contribuendo a raggiungere quasi totalmente l’obiettivo di riduzione del 20% dei fertilizzanti indicato nella strategia.
Anche il numero dei capi di bestiame calerebbe: ci sarebbe infatti una riduzione dell’11% rispetto al 2020, producendo una minore domanda di cereali da foraggio o semi oleosi. La riduzione dei fertilizzanti, il minor numero di bestiame e il maggiore sequestro di CO2 porterebbero a una riduzione del 15% delle emissioni totali di gas serra.
Inoltre le emissioni totali di ammoniaca arriverebbero a – 13% all’anno, generando vantaggi significativi per la qualità dell’aria. E l’eliminazione dei pesticidi dai terreni riconvertiti alle tecniche del biologico permetterebbe, da solo, di arrivare a un terzo dell’obiettivo di dimezzamento dell’uso di pesticidi previsto dalla Farm to Fork. Infine la biodiversità aumenterebbe del 30%, sempre grazie alla riconversione bio dei terreni agricoli.
È vero che la produzione di cereali totale si ridurrebbe del 5-10%, ma non ci sarebbe impatto negativo perché sarebbe più che compensata dalla minore domanda di cereali da foraggio dovuta al calo del numero di capi di bestiame. Una riduzione del numero di capi di bestiame sarebbe inoltre coerente con una minore domanda di carne e prodotti lattiero-caseari, in linea con le indicazioni dell’Oms per i Paesi a maggior consumo di questi prodotti. Inoltre, un calo della disponibilità di colture per il consumo umano, imporrebbe una maggiore attenzione rispetto allo spreco alimentare.
Per raggiungere questi obiettivi è però fondamentale il sostegno pubblico per il mantenimento e la conversione al biologico. I piani strategici della Pac presentati dagli Stati prevedono in media solo 3 miliardi di euro all’anno, ben al di sotto dei 9-15 miliardi di euro all’anno considerati necessari. Occorre un rafforzamento anche su questo piano.